Pubblicata nel 1990 "Shaking The Tree" è il primo greatest hits di Gabriel. La compilation non poteva non iniziare con "Solbury Hill" il brano del comeback dopo il silenzio successivo alla dipartita dai Genesis in cui Gabriel, fatta tabula rasa dei barocchismi genesiani, esponeva, a suo modo, i motivi dell'abbandono ("Per mantenere il silenzio diedi le dimissioni. I miei amici avrebbero pensato che fossi pazzo. Trasformando l'acqua in vino, le porte presto aperte si sarebbero chiuse. Così sono andato avanti di giorno in giorno, anche se la mia vita scorreva in una rotaia. Finchè pensai a cosa dire, e a quale relazione troncare. Mi sentivo parte della scena, perciò uscì dal sistema").

Dal primo lp (1977) è tratta anche l'apocalittica "Here comes the flood", in una versione al pianoforte analoga a quella presentata da Peter nei concerti dell'epoca. Trascurato completamente il secondo lp, il cui sound garage-hardcore rappresenta un binario morto nell'evoluzione del nostro (ma un ripescaggio di "On The Air", magari in una versione editata, l'avrei visto bene, almeno per amor di completezza), si arriva alla svolta del terzo lp (1980). Da qui in avanti, infatti, Gabriel pone il pattern ritmico come spina dorsale della sua musica. Come esempio si sarebbe potuto inserire "Intruder" tutta costruita sul "gated reverb" martellante della batteria dell'amico Phil, ma, essendo questo un greatest hits, troviamo invece "Games Without Frontier" (dove Gabriel iconizza anche i compianti "Giochi senza frontiere"), "I Don't Remember" (una delle ultime apparizioni della maniacale chitarra di Fripp) e l'inno anti-apartheid "Biko" (con tanto di sampling di canti africani). Abbastanza a sorpresa c'è anche "Family Snapshot", capolavoro musical-letterario ispirato dalle memorie di Arthur Bremner, l'uomo che aveva progettato di uccidere Nixon (interpretato da Sean Penn in un recente film), spinto dalle frustazioni di una vita infelice. Il quarto lp (1982), in cui culmina la ricerca musicale degli album precedenti, è rappresentato da tre brani: i due hit dance "Shock the Monkey" e "I Have the Touch" (ancora due paranoie: la gelosia accecante e la "compulsione al contatto") e "San Jacinto" ispirata dall'incontro con una tribù di pellirossa a Palm Springs (anche quì devo però criticare l'esclusione della splendida "The Rhythm of the Heat", brano-chiave della discografia gabrielliana). La parte da leone la fa, infine, il bestseller "So" (1986) con ben 5 brani: "Red Rain" è il ricordo di un incubo: la pioggia rossa ambiguamente portatrice di un doloroso sollievo ("lascia che la pioggia rossa ti spruzzi, lasciala cadere sulla tua pelle"); la fumosa "mercy street" che, sebbene ispirata ad una raccolta della poetessa Anne Sexton, è una delle canzoni più personali del cantante; "Sledgehammer" e "Big Time" sono due rutilanti omaggi al soul della Motown. Chiudono lo strumentale "Zaar" tratto dal fondamentale "Passion" (1989) e l'immancabile (quasi)inedito "Shaking The Tree" cantato insieme a Yossou n'dour.

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