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23 giugno 2007, half-past six.
Su http://www.sherwood.it c'è scritto "inizio concerti: ore 21.00" ma, come al solito, io non mi fido più di tanto. "E magari arrivo tardi, e magari non riesco a prendermi un bel posto, o forse c'è un sacco di gente e allora come faccio a vedermi il concerto?". Dubbi amletici, che richiedono una pronta risposta. Pronti, via. Ci si mette in cammino. Due ore e mezzo prima dell'orario prestabilito. Sempre sul sito di Radio Sherwood c'è scritto che i concerti, come al solito, si terranno nel parcheggio Nord dello Stadio Euganeo. Lì per lì vengo preso dai dubbi, poi mi riesco a dare del coglione (un coraggio non indifferente, credetemi) e decido di sottostare alle indicazioni dei buoni diggei. Stadio Euganeo significa un centocinquanta, duecento metri al massimo, dalla "home sweet home": a piedi.
Faccio in tempo a farmi cinquanta metri che si alza una voce, portata dal vento: sembra una canzone, penso tra me e me, aggrottando la fronte. Vuoi vedere che...? Mi sento raggelare quando odo un indistinguibile "L'Ultima Notizia È La Stessa Di Sempre!". Accelero il passo con il cuore in gola
"No, cazzo, non adesso, maledizione, perché proprio ora, proprio a me...
ed intanto proseguo, senza accorgermi che, nel frattempo, il suono è cessato
...vedi che facevo bene a non fidarmi, accidenti... alla fine cambiano sempre gli orari...
poi mi fermo.
...ma aspetta un attimo, non si sente più nulla".
Arrivo nel parcheggio alle sette e un quarto circa: davanti a me due tecnici del suono, un signore con gli occhiali munito di canottiera smanicata, due ragazze che chiacchierano sedute su un muretto. Ovunque giro lo sguardo, vedo stand e bancarelle. E poi il palco, l'enorme palco. Con loro sopra, i Petrol. Che stanno semplicemente provando. Mentre mi trattengo a fatica dal suicidarmi, tiro un sospiro di sollievo. E vado a canticchiare beato i ritornelli delle ultime canzoni.
23 giugno 2007, nine o'clock.
Io e Stefano -che nel frattempo mi ha raggiunto, dalla non lontana Torre- stiamo aspettando, trepidanti, l'inizio del concerto. Direttamente, e saldamente, posizionati in prima fila. Sotto i nostri occhi comincia a scorrere un fiume di persone -perlopiù coppiette di mezza età-, tutte inesorabilmente calamitate dagli aromi che vengono sprigionati dai vari tendoni. Ma il palco, e lo spiazzo davanti ad esso, ancora mortalmente vuoti. Dietro di noi, ci sono due tizi immersi in conversazione, che in una frase proferiscono una parola ogni cinque bestemmie, che neanche il re del Triveneto -uber alles- Germano Mosconi. Un giro di ricognizione ci fa scoprire che la band spalla è ancora beatamente sprofondata nelle varie cibarie, mentre le scure sagome dei Petrol possono essere intraviste nel backstage, alle prese con una cena di gruppo. Non ci resta altro che aspettare. Sospiriamo, ma l'attesa elettrizza gli animi. Ed intanto inganniamo il tempo, parlando di quanto sia brutto il black metal.
23 giugno 2007, ten o'clock.
Finalmente, intorno alle dieci di sera, il sipario viene alzato. Sulle assi di legno si sono accomodati i quattro ragazzi che, meno di un'ora prima, avevamo visto alle prese con un'infinita sfilza di bigoli al ragù. Si chiamano Massimo Danieli Soulshift, vengono da Piove Di Sacco, possono vantare una personale schiera di ammiratrici -in prima fila, accanto a noi, of course- e saranno loro ad introdurre, questa sera, l'evento principale, ovvero l'esibizione dei Petrol. La loro proposta consiste in un indie rock venato di malinconia, tanto energico nel suono quanto carezzevole nei testi -che, a dirla tutta, talvolta sono un po' banali-. Le canzoni, tratte dal loro promo d'esordio, scivolano via, senza infamia né lode: il cantante e chitarrista -citato per intero nello stesso nome della band- sa come coinvolgere il (poco) pubblico, affidando all'altro chitarrista il compito di sorreggere lo scheletro tecnico (pregevoli un paio di assoli). Particolare menzione per il bassista Diego, impassibile per tutto il concerto, nonostante i plurimi, disperati tentativi di Danieli di coinvolgerlo. Tirando le somme, promossi. Con riserva.
L'orologio segna le undici meno un quarto quando, finalmente, i Petrol se ne escono dalle quinte, composti e concentrati, per salire sul palco, con giubilo della folla presente. Paragonati più volte ad una formazione capace di trasfigurare la figura di De Andrè con in mano una moderna Gibson, sono formati da Franz Goria (cantante e chitarrista, ex frontman dei torinesi Fluxus), Dan Solo (bassista, ex caposaldo dei Marlene Kuntz), Ale Bavo (tastierista, già nei Sushi: da sottolineare la maglietta con scritto "Hit Me With Music"...), Valerio Alessio (batterista, con alle spalle alcune esperienze nel campo dell'heavy metal) e Nino Azzarà (secondo chitarrista, tutt'ora nei Mambassa). Il loro album d'esordio, "Dal Fondo", che verrà ampiamente proposto questa sera, si compone di un rock potente, colto, oscuro e stratificato, supportato alla perfezione da liriche profonde, coscienti, intelligenti, spesso e volentieri al vetriolo. Rigorosamente in italiano.
L'apertura è affidata a "Cera" -opening track anche dell'album-, ballata raffinata e straniante ("Sono i tuoi occhi di cera/ e le tue mani importanti/ sono i cortili ormai vuoti la sera/ e quei suoni, dispersi fra i tanti"), che dal vivo perde in delicatezza e viene abilmente irruvidita, in un turbinio di elettroliti ed arpeggi, manco a dirlo, dispersi fra i tanti. E, dopo pochi istanti, si viene catturati dalla poesia sofferente di "Ogni Silenzio" -aperta da un bellissimo giro di basso-, amorevolmente cesellata nelle dita di Franz e Dan, che sa percorrere la platea con il suo languido potere, per poi trasformarsi in un pugno d'acciaio, in uno sfogo liberatorio ("Quella pelle che, non sa rimpiangere/ la dovrei perdere/ cambiare, lacerare, ritrovare l'aria").
Ma è quando si sentono riecheggiare le note del primo singolo estratto, "Nel Buio", che si capisce davvero l'enorme potenziale di questa favolosa band. Le tante domande retoriche, pronunciate freddamente da Goria, come in una secca mitragliata, sono accompagnate da una sezione strumentale martellante, ed ascendono in un climax di amarezza, fino a trovare nel ritornello il loro naturale -ed angosciante- sbocco, con tanto di luci accecanti e psichedeliche... prima dell'esplosione sonora, un turbinio metal affossato da un ciclone di spietati synth.
"Cos'è che ti fa, sentire...normale?"
Già, che cos'è, che cos'è che ci fa sentire normali? È indubbio che, nonostante la pressante ritmica, qualcosa si sia aperto in mezzo al pubblico: una voragine di dubbio, di rimorso, di colpa. Ed è un fascino magnetico, quello che esercitano i Petrol: nessuno vuole -o sembra volere- rinunciarvi, fino a questo punto. È dunque compito di "Petrol", tenebrosa strumentale tratta dall'omonimo, primo EP del gruppo, fare ulteriore breccia fra gli astanti, grazie ad una strisciante chitarra che permane per tutta la durata del pezzo, in sintonia con l'oleosa armonizzazione di fondo.
L'esposizione totale, il rifiuto degli stereotipi moderni, l'innovativa proposta di un cambiamento testuale che escluda gli, ormai troppo ovvi, temi della canzone media italiana: sono tutti obiettivi della band torinese, che raggiungono il loro completamento nella meravigliosa critica sociale di "Il Nostro Battito Del Cuore", lo spartiacque del concerto, oltre sei minuti di vero lirismo fatto musica, a metà strada fra De Andrè, Fossati, il primo punk, la dark wave degli anni '90, che riesce a non farsi prendere dagli impeti rabbiosi, lasciando spazio ad un'impotente amarezza ("La nostra società, ricca di macchine intelligenti/ cervelli ammuffiti e droghe sempre più potenti/ in questa società, dove la gente è pulita/ e crede che sia giusto... sacrificarsi in vita" o ancora, reso più chiaro e scandito nel live, "Hai bisogno di comprare, hai bisogno di vedere/ hai necessità di vivere, e uccidi per potere/ hai bisogno di un bisogno che ti faccia essere parte/ di questa società, dove tu sarai il più forte"). Ed è una consacrazione.
Da ora in poi, tutto sembra molto più amplificato. Il pubblico percepisce, più che capire realmente, le trame che si intessono nei brani del complesso. Riesce a fare propria la struggente melodia di "Devo Andare Via Domani", che dal vivo si accartoccia in un quadretto soffuso ed intimistico, con un accompagnamento minimalista. Riesce a ricevere l'enorme impatto causato da "L'Ultima Notizia È La Stessa Di Sempre" (proprio quella che mi aveva fatto sudare freddo, una manciata di ore prima), probabilmente la migliore canzone della serata, tre minuti abbondanti di denuncia rock, oscura e vischiosa ("L'ultima notizia è la stessa di sempre/ credere alle immagini, e non chiedersi niente"), suonati con passione, vigore ed energia. Senza dimenticare la consueta, tradizionale pennellata di classe.
È straordinario vedere come le influenze più svariate si mescolino nella ricetta vincente dei Petrol, senza confrontarsi o danneggiarsi fra di loro. Fa effetto, di conseguenza, sentire un brano come "Tradiscimi" subito dopo "L'Ultima Notizia È La Stessa Di Sempre": se l'ultimo è una mazzata anticonformista, il primo è un segmento di rock'n'roll mediamente energico, a basso consumo, che ricorda molto da vicino le produzioni dei ben più noti concittadini Subsonica, sia testualmente che musicalmente. Il motivo di questa, tanto improvvisa quanto repentina, ispirazione? Ci si deve appoggiare alla composizione seguente, che in un titolo contiene tutte le risposte alle nostre domande. "Senza Alcuna Ragione", ci dicono i nostri piemontesi, giustamente: perché tutto sembra essere senza ragione, in questi tempi moderni. Solo la melodia pare essere più ragionata, in linea con il sound tipico della band... cupo, profondo, fosco, perseverante.
Si intuisce, a questo punto, che la grande recita sta per volgere al termine, con le ultime battute. Dopo essere spariti nel backstage per pochi istanti, i quattro ritornano sul palco e si lasciano andare ad un altro paio di pezzi. Il primo è "Wu Ming (Cherry Valley)", contenuto nella compilation "Mantuana", pezzo fortemente teatrale, strisciante e dai ritmi tribali, che viene proposto in versione strumentale, con tanto di esplosione elettronica alla fine. L'ultimo è un inedito della stessa band, "Now I Cry", fortemente impregnato di punk, veloce e coinvolgente, che si completa alla perfezione con la ruvida voce di Franz, questa volta in inglese.
È tutto finito. La gente se ne va, un po' perplessa, un po' turbata, molti felici ed esaltati. Io e Stefano ci giriamo contemporaneamente e ci guardiamo negli occhi. E capisco che anche lui, come me, è riuscito a comprendere davvero, in profondo, il valore di questo concerto. Le parole non servono.
Potente, viscerale...emozionante. Dalla prima all'ultima nota.
SCALETTA:
"Cera"
"Ogni Silenzio"
"Nel Buio"
"Petrol"
"Il Nostro Battito Del Cuore"
"Devo Andare Via Domani"
"L'Ultima Notizia È La Stessa Di Sempre"
"Tradiscimi"
"Senza Alcuna Ragione"
BIS:
"Wu Ming (Cherry Valley)"
"Now I Cry"
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