"Allora Elisa vuoi venire con me questa sera al concerto tributo dei Pink Floyd?" E' l'ultima laconica richiesta a mia figlia.

"Ma ti pare? ahahahah" E' la sua triste risposta ormai del tutto persa in ascolti che mi piace definire "pattume musicale".

Va be, non importa; ci andrò da solo. Villadossola dista soltanto una decina di chilometri da casa e non avrò problemi a raggiungerla, tenendo a bada le mie ansie, le mia paure nell'affrontare luoghi troppo affollati. Ed inoltre credo che l'afflusso non sarà da tutto esaurito; ed è molto meglio per me.

Nell'ultima settimana, salvo rare eccezioni, mi sono immerso completamente nell'adorato suono dei Pink Floyd; un ripasso di tanti dischi che ho consumato nella mia remota gioventù. In automobile, a casa, ogni momento libero è stato da me sfruttato per ascoltare, per riprovare tanti di quei brividi che mi è difficoltoso quantificare. Emozioni mai sopite, pronte a tornare protagoniste.

Sono uno dei primi ad entrare nella zona adibita a bar e biglietteria del Teatro; incontro e saluto molte persone che conosco. Quando le porte vengono aperte qualcuno si ferma a metà sala.

"Si sente meglio; immagini e luci hanno un effetto migliore ad una certa distanza dal palco". Riecheggia questa frase.

Non c'è verso per me; non esiste fermarsi prima. Questa sera ho un solenne appuntamento e devo essere davanti, in prima fila. Ed è quello che faccio; intorno a me il vuoto. Voglio rimanere da solo, non voglio distrazioni; sono già in una sorta di trance agonistica. In solitaria come avviene spessissimo anche nelle mie escursioni tra sentieri e montagne. Montagne e Musica, parte della mia vita.

Con una decina di minuti di ritardo le luci vengono spente; quattro oscure figure si posizionano dietro i rispettivi strumenti. Immagini proiettate nel grande schermo dietro il palco: i Pink Floyd nel fiore della gioventù

E' il manifesto psichedelico di Astronomy Domine ad onorare l'apertura del concerto; coloratissime ed abbaglianti luci invadono la sala ed il mio animo. Un allucinogena See Emily Play a seguire, mentre un sorridente Syd sembra osservare gli artisti che si stanno impegnando nella sue canzoni. E il suono della batteria che mi colpisce (!!): caldo, pieno, forte. Una costante per l'intera durata dello show.

Entrano altri tre membri della band: ora sono in sette sul palco. La coesione tra di loro è perfetta, il suono diventa avvolgente sempre più potente nel succedersi dei brani. A parte Ummagumma vengono omaggiati tutti i dischi Floydiani fino a The Division Bell.

Set the Controls for the Heart of the Sun, Fat Old Sun, una sublime ed interminabile Echoes: decollo, entro nel mio mondo fatto di emozioni, più volte devo togliermi gli occhiali per asciugare lacrime di viva ed intensa gioia. Luci, suoni, immagini, fumi rendono l'atmosfera magica; e la mia mente non può non dirigersi dalle parti di Monza 1989 quando ho visto uno dei concerti della vita. Ma i ragazzi di Lucca ci sanno davvero fare, interagiscono tra di loro ed hanno tutta l'aria di divertirsi mentre si transita nelle vicinanze del Lato oscuro della Luna.

Breathe, Time, Money: non credo sia necessario un mio commento a queste immortali perle.

Entro in sintonia con il chitarrista solista Giacomo, quello che si occupa di tutti i giri della sei corde di David Gilmour; lo incito, lo stimolo a dare di più, a spingere, ad affondare con quegli assoli memorabili che chiunque dovrebbe a memoria conoscere. Lui mi sorride più volte compiaciuto ed affonda il coltello con una ascata di note infinite.

E' la volta del necessario e sentito omaggio a Barrett con Shine on You Crazy Diamond e Wish You Were Here: no comment anche in questo caso. Non mi escono le parole, sono emozioni così intense che mi è davvero impossibile metterle per scritto. Capirete certamente non ne dubito.

Il prepotente Synth-Rock di Welcome to the Machine è una delle immagini simbolo della serata che dovrò conservare e ricordare.

Una del tutto inaspettata ma non di meno efficace Sheep e la band si prende dieci minuti di pausa dopo quasi un'ora e mezza di fuoco.

D'improvviso nello schermo appare un muro, quel muro ed è l'apoteosi, il delirio personale. Sapete cari debaseriani che è il mio disco dei Floyd!!!

Another Brick in the Wall mi annienta e stordisce ancor di più; una commovente Mother...ed il mio pensiero va alla mia cara madre scomparsa ormai da un anno. Manca una brano, quel brano...ma la band passa oltre, prosegue con il viaggio nella storia.

Il tanto per me ingiustamente sottovalutato The Final Cut che viene ricordato con l'omonima traccia. Ci avviciniamo purtroppo al termine; sono già trascorse due ore. Non mi sembra vero ma è purtroppo così.

"Le campane della divisione" sono il preludio di una devastante, sempre a livello emotivo, High Hopes; ed in rapida successione arriva il momento che attendevo, che sognavo, che....ma che devo dire in più...

Comfortably Numb e per l'imponente grandiosità dell'assolo conclusivo mi armo per una volta del telefonino per riprendere il tutto. La mano è tremante, devo reggerlo con ambedue. Sono sommerso, devastato, sconvolto...semplicemente felice.

Così finiscono, dopo averci regalato ancora Run Like Hell.

Esco dalla sala; incontro la band e sono io per primo che li ringrazio per quanto mi hanno fatto provare.

"Tu chiamale se vuoi emozioni" direbbe Lucio.

Rientro verso casa; mi accompagnano le note di The Dark Side of the Moon; ma stasera niente luna nel cielo. Ricomincia a piovere...ma non può farlo per sempre.

Prima di mettermi a riposo un veloce e silenzioso passaggio nella camera di Elisa; l'abituale carezza accompagna le mie parole che sussurro "Cosa ti sei persa amore mio!!"

E la dedico a Gian Luca che era con me a Monza e che mi ha lasciato, nel dolore, tanti anni fa.

Ad Maiora.

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