Registrato a giro per vari studi dell’Inghilterra (ben sette), “Deadwing” è da considerarsi per certi versi una sorta di concept album, in quanto tratto da una precedente sceneggiatura scritta a quattro mani dal cantante Steven Wilson con Mike Bennion, che qui ha curato anche l’artwok del disco.

Il rock psichedelico con venature progressive dei nostri ha ceduto parte del suo spazio a partiture prettamente metal nello stile dei Tool come in “Open Car” e “Start Of Something Beautiful”, con un gran lavoro di basso pulsante del sempre bravo Colin Edwin a creare un andatura caracollante e sincopata; in entrambi i pezzi abbiamo comunque una parte finale che si lascia andare ad aperture melodiche di più ampio respiro, volte a creare quella malinconia “in levare” tipica dei Porcupine Tree.

Abbiamo anche pezzi più orecchiabili (non a caso i singoli) come “Shallow”, hard rock tirato che rievoca antichi fantasmi grunge nel coro (leggi Alice In Chains), e “Lazarus”, ballad soffusa che avanza su un tappeto di note d’avorio create dal piano.

Per i fan delle lunghe composizioni abbiamo a metà scaletta due brani che alzano il livello di difficoltà del tutto: la religiosamente polemica (nel testo) “Halo”, fatta di chitarre affettate, assoli psichedelici, stacchi vocali filtrati e batteria libera di dare sfogo alla propria vena...dalle parti del jazz-rock psichedelico, e soprattutto il masterpiece “Arriving Somewhere (But Not Here)”, introduzione fatta di liquida psichedelia con un tic tac che detta il tempo per poi andare in fuga con la chitarra, mentre un lupo ulula in assolo...da provare; e questo è solo l’inizio perchè poi è tutto un susseguirsi di partiture “trashy”, tappeti di synth a ripulire l’atmosfera e suoni lo-fi fino al sofferto finale con la voce in fading.

Unico momento di calma è la finale e meno riuscita “Glass Arm Shattering” che si trascina con la sua andatura salmodiante, acquistando un pò di tono nel finale ricco di arrangiamenti.

Grande lavoro di rock psichedelico più che progressivo.

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