(Anni 70)

“Vuoi venire a vedere il manichino?"

Ancora con questa storia, stan sempre a parlarmi del manichino quelle due!!! Ho tredici anni, la primavera dentro, che vuoi mai che mi importi di una specie di bambola gigante? Ma il fatto è che quelle due sono le gemelle G. e sono belle almeno come Fujiko e lady Oscar.

E comunque la storia del manichino non la conosce nessuno, se non forse le famiglie che abitano ai piani inferiori del vecchio palazzo nobiliare. Sembra che il conte T. convivesse con il simulacro della moglie morta e che detto simulacro sia ancora li dopo più di cento anni.

"Allora, vuoi venire o no? Lo sai vero che era la moglie del conte?"

"Bella pensata stare con un manichino, con un manichino ci vai sempre d'accordo."

"Guarda che è una storia romantica."

"Boh, sarà. Ma a quanto pare dal ciocco di Mastro Ciliegia ci puoi tirar fuori ben altro che Pinocchio". Faccio lo sborone, ovvio e mentre lo faccio mi odio un pochino. Tra l'altro, non è questo il punto.

“Siamo amiche della figlia del custode e stiamo sempre in giro per il palazzo, non dovremmo toccare niente, ma come si fa? Una volta abbiamo aperto uno degli armadi dell'archivio e l'abbiamo visto, è fatto di legno rivestito con qualcosa che sembra pelle, il viso invece è di gesso colorato. Se tu ci aiuti possiamo tirarlo fuori e rimetterlo in piedi, se ne sta li dentro piegato su sé stesso come una cosa buttata via.”

“Piegato su sé stesso come una cosa buttata via.” Ecco, è questo il punto.

Siamo in quattro: io, le gemelle G. e la figlia del custode. Saliamo le scale attenti come gatti, entriamo nella stanza senza accendere la luce. Apriamo l'armadio e la prima cosa è un odore dolciastro, una zolletta di zucchero marcio. Poi da un ammasso di seta e di legno spunta l'incarnato roseo del volto.

Ecco le mani smangiucchiate, ecco i capelli schifosi. Ecco la vitrea fissità degli occhi.

Attenti a non fare il minimo rumore, lo tiriamo fuori e, dopo averlo raddrizzato, lo mettiamo in piedi appoggiandolo a un tavolo. Infine ci allontaniamo di qualche passo...

(Non so perché continuo a usare il maschile, è un manichino femmina)

...ci allontaniamo di qualche passo e lei, stracciata attonita e assente, ci guarda dall'altro mondo. Sembra Isabelle Adjani nella scena finale di Adele H.

...

(Anni 90)

Mi sento addosso qualcosa di cattivo, un mezzo brivido, una specie di stupida nausea. E quindi devo fare qualcosa, le pulizie ad esempio: basta caos, basta polvere negli occhi.

Io sono un disordinato cronico, ma a volte nei momenti di vuoto m'assale un'improvvisa smania di mettere a posto. Sarà che contemplando un tavolo ben ordinato ho quasi la sensazione di uscire dal buco in cui mi sono cacciato.

Per fare le pulizie però ci vuole la musica, di solito opto per roba sicura, iper classici, album del cuore, nei riti non sono concessi errori.

Stavolta però decido di rischiare, ieri X mi ha dato una nuova cassetta, “gente simile ai Massive Attack”, mi ha detto, e i Massive Attack mi piacciono proprio tanto.

Poi ci sarebbe anche quel titolo, “Dummy” e " Dummy" significa manichino.

Ding ding ding...

Cos'è sta roba? Dub iper depresso? Malinconico soul bianco? Mi sembra di stare in macchina, solo che non c'è alcuna strada, ma una specie di deriva tra i muri di casa. E' una sensazione che conosco assai bene e mi riporta in un luogo dove da ragazzo ho scoperto un paio di segreti. E quindi si, sono in macchina, ma sono anche in un vecchio solaio con i giornalini, i biscotti e la cassettina di Profondo rosso.

La musica si rompe, resta sospesa, si allunga in un eco profonda che ridisegna gli spazi e da un altro respiro alle cose. Cos'è sta roba? Cinema per le orecchie? Lounge malata? E quella voce perché è così triste?

Per tutta risposta le ante dell'armadio, di quell'armadio, si aprono come finestre nella notte, la voce, quella voce, viene da li....

...

Intanto le pulizie vanno avanti e ampie porzioni della casa abbracciano il mistero di un ordine spietato. In un ralenti che separa a dismisura gli istanti il mio sguardo abbraccia ogni dettaglio, credo sia l'altro lato delle cose, quello che è consigliabile soltanto sfiorare, ma l'impressione è che quella voce non lo sfiori soltanto.

Terminato il lavoro non resta che un'ultima cosa da fare: sedersi e contemplare il nuovo splendore. Certo, quella voce c'è ancora, ma come ci si può sentire tristi davanti a un tavolo ben ordinato?

Trallallà...

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