Non che sia mai stato un fan della Mantide Religiosa. A dir la verità, ho ascoltato parecchi loro dischi, dai primissimi fino agli ultimi, poco prima del loro “letargo”. Ma, in tutta dovuta sincerità, non mi avevano mai entusiasmato più di tanto. Classificati sotto la sigla di “NWOBHM band”, a me, questi Praying Mantis, proprio non mi “scendevano” affatto.

Tuttavia, a questo “Sanctuary”, ho voluto concedere una chance e dargli, comunque, un ascolto. Così, per sfizio. Questo, perché, odio i pregiudizi e poi generalizzare non è affatto scientifico, diciamocelo pure.

Beh, in realtà, sono rimasto positivamente colpito da questa nuova release del combo britannico. Innanzi tutto la prima cosa che si fa notare, positivamente, è la produzione del disco affidata alle mani di Andy Reilly (Asia e The Cult, tanto per citarne alcuni) che rende l’album molto più AOR oriented che heavy metal (cosa che, secondo il mio modestissimo parere, i Praying Mantis non lo sono mai stato). Poi noto, in formazione, un lieve cambio di line up. Mike Freeland alla voce, Andy Burgess alla seconda chitarra e Benjy Reid alla batteria accompagnano in questa avventura gli storici fondatori Tino e Chris Troy (rispettivamente chitarrista e bassista). 

Ed è così che le danze si aprono, con la ottima “In Time” che ci mostra una band rinnovata, non solo nella line up, ma anche nel songwriting, capace ancora di dire molte cose. Su tutti, chi più mi colpisce, è il neo singer Mike Freeland, sempre sugli scudi ma attento a non strafare MAI, magari lanciando inutili acuti che potrebbero rivelarsi un’arma a doppio taglio. Ed ecco che una song come “So High” si dimostra davvero un ottimo connubio di hard rock melodico e heavy metal, con chitarre taglienti e assoli davvero fantastici, veloci e melodici e un singer dall’ugola graffiante. Senza dimenticare la sezione ritmica che, in verità, è davvero potente. Ottima song che non avrebbe affatto sfigurato in uno degli album di Axel Rudi Pell….. 

E se “Restless Heart” o la hit “Threshold Of A Dream” ci mostrano una band in piena forma, in grado di stupirci con un ottimo hard n’ heavy ruggente e, allo stesso tempo, melodico (i refrein e gli assoli di “Thrashold….” sono da paura!), la struggente “Lonely Way Home” è un’ottima ballad dove la parte del leone è affidata ancora una volta all’ugola del bravissimo Mike. Ottima ballad, che si lascia ascoltare che è una bellezza. Né troppo zucchero, né troppo miele d’acacia che farebbero venire il diabete a tutti.

Insomma: devo ricredermi proprio nell’estate del 2009. Una band che ho sempre sottovalutato, forse ingiustamente, o che, cacchio ne so, non ho mai voluto approfondire più di tanto, è riuscita a regalarmi emozioni uniche e da sogno.

Disco che consiglio, a questo punto, a tutti gli amanti dell’heavy-rock melodico “tendente” all’AOR (tanto per usare un’espressione matematica). 

Disco che mi sento di promuovere, non a pieni voti, ma che supera di gran lunga la sufficienza e che non mancherà di stupirvi.

ByeZ!

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