Da più parti mi è stato proposto di tenere sott'occhio questo disco come una delle uscite più interessanti del prossimo periodo. Francamente prima di metterci le mani su non sapevo neanche che i Preoccupations fossero praticamente la stessa indie rock band proveniente da Calgary, Alberta (quella del Risiko) e precedentemente nota come Viet Cong. Del resto il quartetto ha cambiato nome all'indomani della pubblicazione del secondo LP nel 2016 (che si intitola appunto "Preoccupations") e con questo nuovo "moniker" sfida il mondo della musica e gli ascoltatori una nuova uscita su Jagjaguwar intitolata "New Material" e anticipata dalla diffusione del singolo "Espionage".

Il gruppo ha lavorato al disco in perfetta solitudine e quasi in uno stato di isolamento con lo scopo di realizzare quelle che avrebbero dovuto essere canzoni dal tono decisamente più potente e marcato rispetto al passato e allo stesso tempo più oscure e caratterizzate da una vena dark che fosse secondo le parole del frontman Matt Flegel una vera e propria "ode alla depressione e all'auto-sabotaggio". Canzoni praticamente costruite guardando dentro di sé con quello che si può definire "vero e proprio odio". Da qui poi il titolo del singolo "Espionage" - come a volere così definire questo percorso di ricerca interiore, come dire, poco discreto - e quello di "New Material" per quelli che sono i risultati concreti ottenuti alla fine di questo iter speculativo e che è stato un vero e proprio lavoro di gruppo.

Forte dell'opera di rifinitura del producer Justin Meldal-Johnson, "New Material" è chiaramente un disco ispirato a una certa estetica e sottocultura dark tipicamente degli anni ottanta e dai contenuti chiaramente distruttivi e nichilisti. La struttura dei brani è per lo più identica traccia dopo traccia e tutte le canzoni si somigliano molto tra di loro per la poca varietà dei suoni che comprende tutto quel solito campionato di scimmiottamenti di David Bowie, abuso di sintetizzatori, chitarre evanescenti e riff taglienti come lame, linee di basso lineari ma allo stesso tempo dal suono molto marcato, suoni pre-registrati di batteria oppure quasi. Tutto peraltro fuori tempo massimo. Eppure evidentemente non ne abbiamo ancora avuto abbastanza, se consideriamo la - relativa - attenzione dedicata a proposte di questo tipo che riprendono una claustrofobia e una teatralità tipiche e la stessa estetiche di compagni di etichetta Unknown Mortal Orchestra ma pure Foxygen, considerando Matt Flegel e compagni come se fossero lo yin e il duo di Westlake Village lo yan.

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