Eclettica figura dell'entertaiment americano, nonchè produttore del best-seller "Thriller" di Michael Jackson e autore di colonne sonore, Quincy Jones realizza nell'89 quello che egli definisce "il progetto di una vita", ovvero realizzare un disco con un cast straordinario che include grandi star dell'ambito jazz come Joe Zawinul, Herbie Hancock, George Benson , Miles Davis, Ray Charles, Ella Fidgerald e chi più ne ha più ne metta.
Il disco è un piacevole crossover tra interventi jazzistici, melodie morbide in stile Motown, parti rappate e arrangiamenti funkeggianti. Quello che risulta è un album molto gradevole, molto orecchiabile e "black", che riunisce il vecchio con il nuovo, facendo proprie tendenze nate nella seconda metà degli anni Ottanta come l'hip-hop e il synth-pop.
E a questo proposito una nota che per un certo punto di vista è dolente: l'impianto strumentale, seppur molto ricco e curato, è molto focalizzato sull'uso dell'elettronica in stile anni Ottanta. Ma è un sound molto raffinato, l'intervento delle tastiere non è mai "plasticoso" e l'intero disco è permeato da un synth bass così potente e "ballerino" che farebbe sobbalzare un morto. Le voci dei vari interpreti sono ben calibrate e ricche di sfumature "nere", e la struttura melodica è solida, soprattutto nelle ballate. Particolarmente vivace l'interpretazione strumentale di "Birdland" dei Weather Report.
In conclusione, senza esaminare le 14 (!) tracce che compongono l'album, un disco piacevolissimo, molto pop e scorrevole, realizzato da vecchie volpi della musica moderna , da ascoltare anche in macchina per sentirsi immersi in un telefilm americano degli anni Ottanta...
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