A soli otto mesi di distanza dall'ultima fatica, i Radiohead pubblicano il resto dei brani registrati durante la lunga preparazione di Kid A. Ma anche questa volta il gruppo di Thom Yorke stupisce tutti.
Innanzi tutto l'album non dà la sensazione di essere un insieme di "avanzi". Addirittura alcuni di questi brani sono delle vere e proprie perle compositive, come la meravigliosa "Pyramid Song", che presenta un rif di pianoforte senza eguali. Spiccano anche "I Might Be Wrong", il pezzo blues dell'album, "Knives Out", che ricorda i loro vecchi tempi, "Like Spinning Plates", che evoca certi sperimentalismi dei primi Pink Floyd.
Il cd nel complesso è meno cupo del precedente, riconquista i pochi vecchi fans che non avevano digerito appieno il radicale passaggio all'elettronica voluto in Kid A. Ma è anche vero che assieme ai brani più "melodici", più vicini nelle sonorità all'album The Bends, irrompono canzoni ancora più "futuristiche" del precedente lavoro. Tutto l'album, come Kid A, è permeato dall'ossessione degli esseri umani di essere deformati dal mostro della globalizzazione, della manipolazione genetica. Questi sono i loro temi, sottolineati dalla inconfondibile e sofferente voce di Thom Yorke. Temi che in Amnesiac sembrano affrontati, rispetto al recente passato, con una dose in più di leggerezza, in modo più diretto.
A differenza del precedente quasi gemello, Amnesiac è indubbiamente un album meno compatto, più frammentario, ma, proprio come in Kid A, si scaglia contro la retorica di certo rock trito e ritrito, attraverso la confermata, e mai fine a se stessa, voglia di sperimentalismo. Il risultato è l'ennesimo capolavoro.
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