Questo disco mi fa due coglioni così.

Una dichiarazione che mai mi sarei aspettato di dover fare, dopo aver difeso i Radiohead anche nei momenti più difficili, dopo aver apprezzato anche un album controverso come l'Eraser di Yorke... una delle band che più ho amato, precorrendo i tempi giacchè quando uscì "Pablo Honey" dissi agli amici: questi promettono bene... e mi sentivo rispondere: tempo due dischi e non ci ricorderemo più chi sono.

"The king of limbs" aldilà dell'attesa e dei presupposti sempre immancabili quando si tratta di Radiohead, è un'opera cervellotica e pretestuosa che forse non avrebbe credito neppure se l'avesse registrata un nome poco noto. Un rimasticamento in chiave minimalista degli strati più sperimentali che già comparivano in lavori precedenti. Nessuna parvenza di sonorità rock, intese come uso canonico di certa strumentazione e di certi moduli; nessuna parvenza di coinvolgimento emozionale e visionario, benchè titoli e copertina siano un tentativo di ammantare il disco di atmosfere inquietanti ed inquiete.

Le liriche mancano di sorprendere, gli arrangiamenti si avvitano su sè stessi, la ricerca sul suono è assente. E soprattutto la tracklist non ha guizzi tali da poter sradicare la noia nell'ascoltatore.

Che poi voglio dire... io nella mia collezione ho montagne di dischi che per la maggior parte della gente suonano pallosi e insopportabili; ma sono stati creati in epoche e con finalità tali da giustificare un intrinseco effetto soporifero, laddove le ragioni della loro valenza sono altre. Oggi "The king of limbs" sembra un disco che non ha ragion d'essere. Proprio perchè non innova e non evolve, perchè da artisti del calibro di Yorke e soci si doveva pretendere qualcosa di diverso, sovviene che potevamo benissimo farne a meno.

Al confronto "In rainbows" è un monumento. E taccio del confronto con "Ok computer" e "Amnesiac".

Delusione del 2011, per ora.

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