"Hey, I can’t find nothing on the radio Yo! turn to that station."
Così esordisce l'album definito da sempre da critica e da fans il migliore, quello che racchiude la vera creatività di questo gruppo, da sempre icona di uno stile tutto proprio. Questo album è il primo a sfondare con una major, e a mettere i R.E.M. nelle grandi copertine, sui più grandi palcoscenici del mondo, e a portarli alla grande notorietà attuale.

Anche se inizialmente sembra un cd rap rock con "Radio Song", già dopo i primi 4 minuti ci rendiamo conto di essere precipitati in un'atmosfera molto particolare, fatta di mandolini e chitarre acustiche, è "Losing My Religion" una delle più famose canzoni dei R.E.M.
Inutile soffermarsi sull'inestimabile importanza di questo pezzo che è simbolo della bravura di Stipe, grande ed enigmatico paroliere del gruppo. Quello che più caratterizza il pezzo è il testo, che, come spesso accade, venne però male interpretato come un crisi mistica (religion) ma in realtà il titolo significava nel gergo perdere la pazienza. Il terzo pezzo è "Low" dai tratti cupi e caldi, una voce lenta e malinconica viene accompagnata da sonorità tribali, una chitarra basso e percussioni si fondono assieme ad un organo, e nel ritornello ad una chitarra dalle caratteristiche rock. Troviamo poi "Near Wild Heaven" che con la voce di Mills insieme a Stipe ci porta questa volta in un posto che per il mio immaginario potrebbe sembrare un'isola sperduta e assolutamente al di fuori delle problematiche della vita.
Proprio in questo "paradiso selvaggio" la chitarra di Peter Buck e un piano ci lasciano in una morbida atmosfera di leggerezza.
"Endgame" che è un pezzo strumentale, accompagnato da gorgheggi vocali, è una buona prova della capacità di fondere diversi generi gli uni con gli altri, ed infatti, a mio avviso, è parte della grande metamorfosi che porterà poi ad Automatic For The People (1992).
Questo pezzo non si caratterizza per grandi capacità tecniche, che nel gruppo sono rappresentate appieno dal bassista Mike Mills - anche pianista e più volte cantante nel gruppo - ma per l'ingresso di una piccola sezione d'archi e di fiati, molto piacevole all'udito.
Archi che ritroviamo poi in "Shiny Happy People" anche questo singolo che ha spopolato al tempo, e, al contrario del titolo nasconde negli accordi minori toni melanconici, che però nel ritornello lasciano spazio alle tre voci portanti, Kate Pierson è la voce femminile. Banalmente si potrebbe dire che Il testo è un'inno alla felicità, una ricerca della solidarietà tra gli uomini.
"Belong" inizia con un basso un po' tetro, seguito da una chitarra in un primo momento arpeggiata, poi segue una linea continua insieme agli acuti vocali. "Half A World Away" capolavoro insieme a "Losing My Religion" (ma non solo), ha un inizio pluristrumentale, anch'essa molto malinconica (la ripetizione è necessaria) con mandolino, chitarra, tastiera, e una graffiante voce di Stipe, che racconta di una storia coinvolgente con riferimenti all'amore ed alla vita. Una ballata magistralmente portata avanti dai quattro. "Texarkana" cantata dalla dolce voce di Mills inizia con un basso veloce e slappato, ma al contempo morbido e deciso, è un pezzo che parla delle scelte della vita, sempre necessariamente poste in chiave allegorica.
"Country Feedback" struggente e pastosa, incomincia con uno slide di chitarra ed un ritmo di batteria, intanto accompagnati da una chitarra acustica.

L'album si conclude con "Me In Honey" duetto con Kate Pierson dai ritmi rock andanti, è un pezzo più ritmato e insistente, grande esempio della versatilità del gruppo e del batterista Bill Berry, purtroppo, però, questo non è l'album che rispecchia appieno le sue grandi capacità, come magari in Monster o in altri album.
Insomma Out Of Time è un album da avere per forza nella propria collezione di dischi, sia per gli intenditori che per chi voglia avvicinarsi alla buona musica.

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