È il disco che ha decretato il successo planetario dei R.E.M., ed essendo i R.E.M. medesimi principalmente una rock band uno si aspetterebbe un disco rock, e invece i quattro di Athens se ne escono con questo affare che, a differenza di "Around The Sun", al primo impatto mi ha fatto storcere il naso, e non poco: un disco pieno di alti e bassi, caratterizzato da arrangiamenti molto ricercati e da un mood generale abbastanza pop con forti tinte country e folk. Il fatto che i R.E.M. siano esplosi proprio con "Out Of Time" sarebbe quantomeno curioso se non paradossale se non fosse per quella canzone che occupa il secondo posto nella tracklist, quella "Losing My Religion" che, forte di una melodia particolare ma di fortissimo impatto e complice un video stupendo è riuscita a diventare una hit a livello mondiale e a ritagliarsi (meritatamente) un posto tra i classici della storia del rock.

Tutto vero, ma basta una grande canzone a fare un grande disco? Assolutamente no, soprattutto se tale canzone deve dividere la scena con una ciofega imbarazzante del calibro di "Radio Song", che vedrei bene in "The Game" dei Queen, tra "Another One Bites The Dust" e "Dragon Attack" (detto da ma non è assolutamente un complimento) oppure con insulsaggini come il semistrumentale "Endgame", ovvero un arpeggino stile "Stairway To Heaven" con i coretti di Michael Stipe di sottofondo, che crea un senso di vago intontimento misto a una generosa dose di imbarazzo. Non si rivelano esaltanti neanche la troppo monotona e soporifera "Low" e soprattutto la pessima "Belong", canzone parlata da Pete Buck e coronata da dei coretti estatici di Michael Stipe particolarmente irritanti.

È inevitabile che queste quattro sciagurate performances abbassino drasticamente il mio giudizio sull'album, ed è un peccato perché tutto il resto non è certo da buttare: "Near Wild Heaven" (questa volta ci hanno azzeccato con i coretti) e la geniale "Shiny Happy People" sono due bellissime pop songs, e il trio country "Half A World Away"-"Texarcana"-"Country Feedback", la prima ballata di ottima fattura, la seconda vagamente western con un chorus particolarmente riuscito e la terza più lenta e sofferta, risolleva non poco il livello generale, come anche la perla finale "Me In Honey", il vero e proprio tesoro nascosto del disco con la sua atmosfera orientaleggiante e l'ottimo featuring di Kate Pierson dei B52.

Nel complesso "Out Of Time" è un disco sperimentale che sa offrire momenti di grande piacevolezza e qualità, anche se intervallati da qualche cappella di troppo che mi impedisce di considerarlo un gran disco se non un capolavoro. In ogni caso buona prova, ma per fortuna il "gioco delle parti" tra i quattro componenti della band verrà accantonato da lì a poco.

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