Mi ricordo Moni Ovadia. E mi ricordo quel film, “Train de vie”...

Mi ricordo Praga sotto la neve, mi ricordo il vino dell'estate. Mi ricordo che mi piace il ricordo. Sapere che ho vissuto.

Può essere un gioco d'acqua e di specchi, la malinconia ubiqua e insinuante, Philip Glass alla maniera di Franz Kafka.

Oppure grazia e ingenuità, asini che volano, incanto ovattato, Marc Chagall alla maniera di Marc Chagall.

E poi il blues degli elleni, l'incendio gitano. Violini sparati a mille finiti chissà come in una palla di vetro. E comunque, anche se è solo un'orchestrina, a traccia due tocca alzare il volume...

Musica, insomma. E quasi ti vien da pensare che “è vero che non riusciamo a parlare e che parliamo sempre troppo”

Poesia in movimento, poesia molto spesso da due soldi, ma che importa? E' tutto talmente bello...

Sei in un piccolo caffè e ci sono tre tizi, fisarmonica chitarra violino. E quel talmente bello te lo restituiscono come se ti mostrassero una vecchia foto.

E anche se non c'è la strada è musica di strada. Anche se non c'è la polvere è musica piena di polvere.

Il tutto “trafitto da un raggio di sole”...

Allora sei ubriaco senza aver bevuto, felice senza essere felice. E magari può essere che stai vivendo ancora.

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