Dove vogliono andare i Riverside?

I quattro di Varsavia, venuti su a pane e Porcupine Tree ci avevano lasciati due anni fa con lo splendido "Shrine of New Generation Slaves": il lato più soft della band che cozzava con gli impulsi metal mai del tutto sopiti (ascoltare "Celebrity Touch" per credere). La nuova creazione dei polacchi è un album spiazzante, diverso rispetto a ciò che hanno prodotto in passato. Le velleità belliche del metal vengono totalmente riposte in un angolo per lasciare spazio ad un prog rock che ha il retrogusto dei seventies, ma la modernità del "clear sound" dei nostri giorni. In mezzo il richiamo del padre putativo Steven Wilson e le influenze di band scandinave come Opeth e Katatonia, nelle loro versioni più riflessive.

In realtà "Love, Fear and the Time Machine" è un disco molto meno vario di quanto ci si poteva aspettare da Duda e soci. L'aggressività del passato è stata completamente smussata e ciò che rimane è un prog rock adagiato su sonorità mai troppo sferzanti: i ritmi sono decisamente dilatati e ogni singola canzone lavora di cesellature, con un'architettura sonora allo stesso tempo corposa e multiforme ma "soft" e calibrata nei toni. La voce di Mariusz Duda diventa quindi elemento fondamentale su cui costruire tutto il resto. Un disco che è intriso di quella malinconia di fondo che ha sempre contraddistinto la band, con "Afloat" manifesto assoluto del cd, con il basso e la voce di Duda a spadroneggiare in un pezzo che ha l'atmosfera della fine del mondo. Ma che i grandi ispiratori dei Riverside siano i maestri degli anni '70 è ben rintracciabile dall'intro di "Saturate Me", vero e proprio tuffo nel passato. Le influenze e i rimandi in un lavoro apparentemente "minimalista" nella sua costruzione sono molteplici e fondono insieme degli scenari musicali differenti. Il ritornello di "Discard Your Fear" è paurosamente in bilico sulla cresta del dream-pop (idem la conclusiva "Found"), mood identico per l'incipit di "Towards the Blue Horizon" che nei suoi 8 minuti ha ancora il tempo di rispolverare la chitarra di Grudzinski per omaggiare i Porcupine Tree in salsa Tool nella fase centrale. L'acustica "Time Travellers" oltre a ricordarci i suoni del capolavoro "Damnation" degli Opeth, si inserisce perfettamente in questa nuova atmosfera di riflessività che i Riverside hanno in realtà sempre posseduto ma mai esposto così prepotentemente come in questo capitolo.

La domanda che sorge spontanea dove aver ascoltato e riascoltato il disco è, verso quali lidi i Riverside hanno intenzione di continuare il loro viaggio? "Love, Fear and the Time Machine" è un disco che vuole strizzare l'occhio a nuovi adepti addolcendo il sound o è il personalissimo mutamento del Riverside-style? Solo il futuro ci darà delle risposte. In loro attesa, l'ultimo disco dei Riverside è comunque un episodio coraggioso per i polacchi, che apre nuovi scenari e forse ne chiude di vecchi. Un lavoro di difficile criptazione, che ha vera necessità di più ascolti per entrare sottopelle (perdonate la banalità). Certamente il più "scarno" musicalmente della loro carriera, ma ugualmente ricco di elementi e sfumature.

1. "Lost (Why Should I Be Frightened By A Hat?)" (5:53)
2. "Under The Pillow" (6:47)
3. "#Addicted" (4:54)
4. "Caterpillar And The Barbed Wire" (6:56)
5. "Saturate Me" (7:09)
6. "Afloat" (3:12)
7. "Discard Your Fear" (6:41)
8. "Towards The Blue Horizon" (8:09)
9. "Time Travellers" (6:42)
10. "Found (The Unexpected Flaw Of Searching)" (4:03)

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