La prima volta che ho sentito questo disco è stata anche la prima in cui mi è arrivata la voce di Lanegan. Sarà strano, ma la prima impressione che ho avuto è stata quella di accostarla a Kip Trevor, voce dei dimenticati Black Widow. Boh?! Forse quell'attitudine sulfurea e piena di "lirica rabbia" (per citare il buon Blackdog) mi avvicinarono a tale confronto. Per il resto però c'era ben poco in comune.

Se dovessi dare un antenato a questi Screaming Trees, direi probabilmente la miriade di gruppi garage che popolarono quei fertilissimi, irripetibili anni Sessanta. E allora, voilà coi nomi: 13th Floor Elevators innanzi e soprattutto, gli Electric Prunes e poi i Count Five con le loro tastiere ballonzolanti. Anche qualcosa dei Blue Cheer, se vogliamo fare gli intellettualoidi. Ma insomma, basta che uno abbia voglia di ascoltarsi una qualsiasi delle pepite nascoste in uno dei quattro Nuggets e ogni dubbio sarà fugato. Se poi andate su wikipedia e cercate questo disco, lo troverete catalogato sotto la dicitura "neopsichedelia". Eh sì, le etichette sono sempre delle gran boiate. Dov'era la psichedelia dunque? Probabilmente nei due accordi di Transfiguration, monumentale traccia d'apertura; o più semplicemente nello spirito dell'opera, piuttosto che in effetti che devono richiamare altri mondi. Ecco allora: lisergici all'arma bianca, finally the punk rockers are taking acid. Si avverte infatti chiarissimo l'influsso del punk più ribelle, soprattutto nella ritmica del batterista Mark Pickerel, e nella chitarra ronzante di Gary Lee Conner si distinguono gli avi sopra citati. Se può valere qualcosa il discorso fatto sin qua, in Back Together e Straight Out to Any Place, e nelle sciabolate di In the Forest si sente l'urgenza sonica tipica dello stesso punk prima e del grunge poi, e in effetti questo disco - e forse gli Screaming? - possono considerarsi fra i traghettatori dall'una all'altra sponda. Nell'intro di Don't Look Down si avvertono i prodromi di quella Grey Diamond Desert che verrà, ma è solo un'illusione, veniamo di colpo sballottati come in una lavatrice fra assoli e batteria a martello, per poi tornare come se niente fosse successo.

Incerti ancora sulla direzione da prendere, gli Screaming appaiono qui - come il precedente "Clairvoyance" - piuttosto acerbi. Nel loro primo album per la SST convergono aspirazioni e visioni di una band fuori dai canoni, tra psichedelia in pectore e strascichi punk, con la fortuna di avere in più una voce singolarissima - che poi era una peculiarità di tutti i gruppi grunge. Un album di altri tempi, nel necessario processo di maturazione che ogni gruppo dovrebbe avere e che oggi purtroppo nessuno può permettersi. Nel giro di un anno i cinque avrebbero comunque trovato la loro strada, senza mai scordare del tutto queste solide radici.

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