Così stavo portando mio padre a farsi il Pfizer. All'ultimo, ero andato con l'auto di mia moglie. La mia manco partiva. Fanculo agli iniettori. La zona rossa, poi, mi aveva impedito di recuperare, lì dai miei, i dischetti che mi arrivano dall'estero. Quello della Baier? Scarto e infilo nel lettore, desideroso di quella voce sicura, educata, ineffabile. Tanto il mio vecchio, classe 1940, è un po' sordo e non si lamenterà. Conservo io tutti i suoi 45 giri. Alla musica ha rinunciato da anni (cosa che, a differenza di non aver mai voluto prendere la patente, non so capire). Beh, quelli che preferisco, rigorosamente di quand'era emigrato in Svizzera, sono “Mr. Paganini” della Fitzgerald, "Tous Les Garçons/Oh Oh Chéri' di Françoise venustà Hardy e Ray Charles (“Georgia”). Ci sono, poi, Chubby Checkers, Charles Aznavour, Gilbert Bécaud, e, oltre a Betty Curtis, molto Celentano e Robertino. Tutti conservati in una scatola di latta, panettone “Tre Marie”, adusa all'ironia cinica del tempo.
Beh, in auto, i chilometri sono solo una dozzina. Da fare, tuttavia, con lentezza, visto che il circuito urbano sopravanza i più consoni scenari agresti. Mamme e bambini, in passeggiata, sulle piste ciclabili. Signore in jogging pants, che scutrettolano, sulle quali anche gli sguardi paterni si posano, privi di deficit.
Il fatto, meno transitorio, però è Sibylle Baier. Quella perplessa irragionevolezza in cui ti immerge, che allunga su ogni certezza razionale e istinto. Sì, perché, in breve, sentire ti fa trasparente. Una trasparenza senza attese. Una trasparenza non consolatoria. Ma nemmeno indifferenza. Non c'è alcuna rassegnazione che diventi disperazione, né tranquillità o senso di fiducia. Né rimpianto. Una trasparenza dell'essere, qui e ora. Senza destinazione. È musica che scrive un libro mai finito. È. Ha superato ogni prova. E vattelapesca. O giù di lì.
Sibylle compose queste canzoni per il figlio, dopo aver rinunciato alla carriera cinematografica (era in “Alice in the Cities” di Wenders). Cantò i suoi pezzi folk sulla chitarra. Li incideva di notte, nel 1973, nel suo registratore a pile. Cullava così il suo piccolo, cantando dall'altra stanza, mentre lui dormiva. Un dialogo senza parole divine sulla bocca. Ma in un linguaggio consueto e divinizzante.
Quel figlio ritrovò, a distanza di trent'anni, quei nastri e li trasportò su 10 CD per regalarli, a Natale, ad altrettanti suoi parenti stretti. Il caso volle che uno pervenne alle orecchie di J Mascis, leader dei Dinosaur Jr., che, interrotta temporaneamente l’abitudine di vessare il compagno di formazione Lou Barlow, comprese la bellezza totalmente insondabile di queste canzoni e ne propiziò la pubblicazione (da parte della Orange Twin Records). Così, dal 2006 tutti possiamo sentire quelle canzoni che non erano destinate a noi.
“Forget About” è il brano che non mi tolgo dalla testa. Perché Sibylle canta con dita di velluto questi versi, che stringono dolcemente alla gola:
"Mi hai fatto dimenticare
Avere, volere, fare
E all'improvviso mi sento orgogliosa
Di essere, senza dire una parola
Mi hai fatto dimenticare
Passato e dolore
Tempo, sei scivolato
Come una soffice, improvvisa, pioggia estiva
Mi fai bene
Mi fai
Così bene, mi hai fatto scordare
E all'improvviso l'ho scoperto
Oh, è bellissimo il modo in cui indossi la tua maglietta
Mi fai bene, mi hai fatto scordare tutto".
Una dedica che, in chiusura scopriamo, non è all'amato, ma al figlioletto.
Lascio mio padre vicino all'ingresso, seduto su un muretto, parcheggio e torno da lui in fretta. Quando ho sbattuto la portiera, ho chiuso Sybille Baier in un pensiero. Quante canzoni così ci restano sconosciute?
Papà, alla fine, non ero io che correvo in quei corridoi, eri tu che strascicavi le gambe in malo modo, come mai prima. Ma scordatelo, dai.
Elenco tracce testi e video
01 Tonight (02:27)
Tonight when I came home from work, hurt
tonight when I came home from work
there he unforeseen sat in the kitchen
buttering himself a bread
and the cat was on his knee
and smiled at me
tonight when I came home from work
tonight when I came home from work
there he unforeseen passed the guitar
and said "I battered my car
right now won't you please give me your chair"
we had a change of the moon
we had a change of the moon
tonight when I came home from work
tonight when I came home from work
tonight when I came home from work
there he unforeseen changed in the lazy chair
and said "what's that sorrow you bear?"
and I could tell him, he understood
he gently took my arm
he listened to my tears till dawn
I dedicate this song to you
tonight we had change of the moon
we had change of the moon
tonight when I came home from work
tonight when I came home from work
tonight tonight tonight
03 The End (02:31)
it's the end, friend of mine
it's the end, friend of mine
time is over where we could simply say I love you
now you opened the door
leave me crying
trying to embrace you again
trying to face this damn situation man
I can't
It's the end, friend of mine
It's the end, sweet friend of mine
dear friend, I cannot tell the reasons why we started well
good time, give me some wine when you open the door
you seem hurt, don't try to speak a word to me
what on earth could really go wrong with you and me?
yet its the end, friend of mine
it's the end, sweet friend of mine
time seems to be over where we could simply say I love you
now you opened the door
I feel cold
wakened, I hold you in my arms
told you that life is short but love is old
it's the end, friend of mine
it's the end, sweet friend
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Altre recensioni
Di Seb
L’intimità delle 14 tracce del disco è indiscutibilmente adorabile e l’accompagnamento è tanto scarno quanto affascinante.
La sua voce morbida e ipnotica diventa il mezzo per liberare attraverso il suono le impressioni, i sentimenti e i fantasmi di una mente sensibile.