Una vera e propria garanzia. Dopo essermi accostato a questo gruppo doom americano e aver dato ascolto ai loro primi cinque album, posso affermare che questa band è una vera e propria garanzia per quanto riguarda il doom, ed in particolare quello americano. Dall'esordio del 1990 con l'album "Into the depths of sorrow", passando per altri grandi lavori come "Beyond the crimson horizon" e "Through the darkest hour", i Solitude Aeturnus hanno puntualmente ribadito la loro grande attitudine musicale e creato dei full lenght di assoluta rilevanza.

Adagio è il quinto album in studio della band, pubblicato dalla label Massacre Records nel 1998. Rispetto alla line up di Downfall (precedente di due anni), l'unico cambiamento riguarda il basso: Lyle viene sostituito da Steve Mosley. Per il resto tutto rimane come da copione con la solida voce del singer e leader Robert Lowe a dirigere l'orchestra. Un'orchestra compatta quella formata dai restanti quattro membri che sebbene non riescano a bissare il successo di critica dei capolavori precedenti, riesce comunque a mantenere la band sul piedistallo del doom americano.

Copertina vagamente onirica per questo quinto lavoro, che è ancora decisamente influenzato dall'esistenzialismo dei testi: assurdità della vita e della condizione umana, sofferenze umane e mondiali, religione ed in parte anche temi filosofici sono gli argomenti maggiormente "studiati" dai Solitude Aeturnus. Elementi costitutivi della mentalità della band, che si riflettono nella compattezza sonora di "Days of prayer", costruita in modo classico e piacevole proprio per questo. Ritmo orientaleggiante per "Believe", altra dimostrazione dell'ottima capacità della band di creare tracce pesanti e melodiche su cui adagiare l'evocativa voce del cantante. Discorso a parte va fatto per "Personal god" nata su una buona base musicale, ma a mio parere "rovinata" dalla voce filtrata che Lowe utilizza in questo pezzo. Poi di nuovo ottimo doom con "Mental pictures" e "Insanity's circle", anche se i fasti di canzoni come "Shattered my spirit", "Pain" e "The final sin" (solo per citarne alcune) sono comunque troppo lontani.

L'album prosegue su queste coordinate di ottimo doom/heavy: un sound più diretto e in parte meno lento dei primi tre lavori, che segue il percorso intrapreso con il precedente lavoro Downfall. Da ricordare la breve ballata sepolcrale "The fall", in cui la voce è prestata dal chitarrista John Perez e la conclusiva "Heaven and hell" cover dei padri Black Sabbath.

Adagio non porta nulla di nuovo sotto il sole per la band di Arlington, che invece di sperimentare ha deciso di riproporre il sound ad essa tanto caro. Forse manca un pizzico di originalità, ma la proposta musicale è ancora una volta di ottimo livello compositivo e questo album non ha fatto altro che riconfermarli come una delle migliori realtà del genere. Voto 3 e mezzo.

1. "My Endtime" (00:48)
2. "Days Of Prayer" (6:10)
3. "Believe" (5:51)
4. "Never" (2:53)
5. "Idis" (5:40)
6. "Personal God" (5:01)
7. "Mental Pictures" (4:58)
8. "Insanity's Circles" (6:05)
9. "The Fall" (2:28)
10. "Lament" (5:42)
11. "Empty Faith" (3:58)
12. "Spiral Descent" (7:07)
13. "Heaven And Hell" (6:13)

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