Bob Dylan, Van Morrison, Joe Henry, Brian Wilson, Tom Waits, Elvis Costello, Nick Lowe, Dan Penn, Carson Whitsett sono alcuni degli autori che hanno scritto i brani di questo CD per la voce di Solomon Burke; inoltre ci suonano Daniel Lanois, Blind Boys of Alabama… Il tutto prodotto da Joe Henry. Sul Debaser manca uno scritto su Don’t give up on me anno 2002, lacuna che spero di colmare degnamente. Per me la recensione potrebbe anche finire qui. Comprate il disco, punto.

E’ in arrivo la limousine! Dico all’autista del muletto. Sono io che devo accoglierlo con un mazzo di rose rosse, cerco con lo sguardo il sindaco e Graziano ripetendo tra me la frase da dire a Solomon. L’auto arriva da Bologna, circa un’ora di viaggio per arrivare sull’appennino, dove la sera stessa ci sarà il concerto.

La portiera la apre una delle sue innumerevoli figlie,(ne ha 21 e 90 nipoti) Solomon non scende, così si avvicina l’autista col muletto, solleva la poltrona in raso rosso e legno dorato in cui è seduto Solomon nella limousine, in modo da far uscire lui e poltrona dall’auto. Così ad una cospicua altezza da terra Solomon mi guarda, mi dice qualcosa di cui capisco solo “baby”, io mi avvicino e alzando le braccia gli porgo le rose e gli dico welcome to Porretta Terme Mr. Burke. Lui ride a crepapelle, io non ho capito nulla… Più tardi mi spiegheranno che Solomon aveva fatto un apprezzamento ed una richiesta a sfondo sessuale molto esplicita nei miei confronti.

Io e Solomon, detto the bishop, il vescovo, non abbiamo cominciato bene, secondo me. Per questo calo il voto di una stella. Non so da cosa derivi questo soprannome, ma vi assicura che il personaggio non ha nulla, ma proprio nulla di religioso. Il king of rock’n soul non cammina, pesa almeno 180 kg (ad occhio)e deve essere portato in giro col muletto, non aggiungo altro che è meglio. Durante il concerto resto nelle ultime file stizzita, ma devo ammettere che è veramente bravo, con la sua voce baritonale snocciola i suoi classici, inserendo anche molti brani di questo CD.

Non c’è dubbio che nelle sue vene scorra gospel, soul e R&B, dopo un periodo appannato, svarioni mistici e disco music, con questo lavoro si riprende lo scettro del re del soul. “Don’t give up on me” in apertura gronda soul, con un organo fluido che sorregge una ballata melliflua ed avvolgente. “Flesh and blood” un bluesaccio di Joe Henry in cui organo e voce giocano col sax, oppure “None of us are free” con i Blind Boys ai cori in gran forma, “Fast train” di Van Morrison supera l’originale, aggiungendo cori, l’anima, il soul, al brano, guadagnandosi l’immortalità . L’album è un classico senza tempo, al pari di Otis Blue, Soul Man, o What’s going on. Però 5 stelle no, non gliele do.

Come disse Elwood Blues: … non importa chi siete e cosa fate per vivere, prosperare e sopravvivere, ci sono ancora alcune cose che ci rendono tutti uguali. Tu, io loro, tutti, Everybody needs somebody to love … Che lassù (o laggiù) qualcuno ora stia sorridendo a leggere quanto sopra?

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