Questo è un disco degli anni '70. E’ un disco politico. E’ un disco di sinistra. Proprio così. “Un Biglietto del Tram” è uno degli esempi più alti del “rock politico” mai prodotto in Italia. (Altrove in Europa si chiamava “Rock In Opposition” e gli Stormy Six appartengono a pieno titolo al filone dei loro colleghi Henry Cow e co. ). Ma soprattutto è un’opera musicale di valore altissimo, capace di spaziare dal folk più tradizionale alle complesse partiture del prog in quegli anni imperante. Proprio così… progressive. Ma un progressive ben distante dai pesanti barocchismi alla ELP o PFM e dalla fusion jazz alla Perigeo o Area (gruppo che comunque, con i nostri, alcuni legami, a ben cercare, si potrebbero trovare). E’ una musica completamente acustica (si aggiungono anche il violino ed il mandolino) ma dalle partiture estremamente complesse. Musica che in definitiva non è affatto invecchiata male come quella di alcuni “mostri” del prog. (chiedere a Modena City Ramblers o Gang).

Il clima che vide l’uscita di questo disco (tra l’altro una delle prime uscite “indipendenti”) è quello degli anni di piombo e della politicizzazione di ogni aspetto della vita. In particolare gli Stormy sono di Milano e rappresentano la voce ufficiale del Movimento Studentesco (o di quello che di esso rimane), di gran lunga il “gruppo” più importante della contestazione universitaria sessantottesca. Il “concept” dell’opera è legato alla lotta di liberazione dalla barbarie nazifascista; tutti i brani offrono infatti delle descrizioni di fatti (o di considerazioni) legate alla guerra partigiana. E anche questa all’epoca era un’operazione “politica” ovvero nell’ottica della riaffermazione di una identità e di una storia senza la quale nessun discorso “di sinistra” è possibile. Dunque nessuna possibilità di “revivalismo”. (Operazione, secondo chi vi scrive, possibile e doverosa ancora e di più oggi).

Il disco si apre con la celeberrima “Stalingrado”, una delle canzoni “militanti” più importanti e conosciute degli anni '70. La rievocazione dell’assedio di Stalingrado (l’inizio della caduta della Germania nazista) funge da introduzione all’idea generale. Sulla sua strada gelata la croce uncinata lo saD'ora in poi trovera' Stalingrado in ogni citta'. Senza soluzione di continuità comincia subito la seconda traccia "La Fabbrica". La caduta del nazifascismo arriva anche in Italia: Arriva una squadraccia armata di bastone fan dietro fronte subito sotto i colpi del mattone e come a Stalingrado i nazisti son crollati all'Apreda rossa in sciopero i fascisti son scappati. Oltre ad essere le due tracce più belle sono anche quelle più “movimentate”. Musicalmente hanno un ritmo sostenuto, incentrato soprattutto sul violino e sui costanti cambi di tempo. Si prosegue con “Arrivano gli Americani”, “garibaldini marziani”, venuti a liberarci. Ma siamo sicuri che questa liberazione non ci costi nulla? Si accendono insegne giganti sulle macerie fumanti[…]e una signora non vuole cambiare il suo Dash. Il brano prosegue con una coda strumentale (ironica) che mi ha ricordato alcune cose degli Henry Cow. Ma il tono di “vittoria” adesso si spegne perché è arrivato l'”8 Settembre” con il suo carico di incertezze e tragedie: In un paese è passata in divisa la morte: la gente in cerchio sul sagrato, nella piazza sale un grido soffocato. Ammazzati come cani, un cartello appeso al collo: "PARTIGIANI". Il brano è di un’intensità spaventosa e alla fine lascia veramente a bocca aperta per la perfetta commistione tra crescendo strumentale e testo. Altro episodio notevole è la canzone “Dante Di Nanni”. A chi non conoscesse la storia tragica e gloriosa di questo ventenne GAPpista consiglio vivamente il libro “Senza Tregua” di Giovanni Pesce, comandante dei GAP e medaglia d’ oro della Resistenza. (Feltrinelli, 2005, 8. 50 eury). Questo per conoscere e ricordare chi, a prezzo della propria vita, ci ha garantito la libertà… anche la libertà di dimenticare! Il disco si conclude conclude con la drammatica “Un biglietto del tram” che alla fine recita: A Poletti hanno dato sette lettere sopra una lapide, e la gente che passa e le vede fa un po' i suoi conti, e poi si chiede "Non è una spesa inutile?" "Non bastava un biglietto, un biglietto del tram per tornare in piazzale Loreto?"

Ognuno è libero di trarre le proprie conclusioni. Ho terminato la recensione (la mia prima!!!!!) ma lasciatemi dire ancora due cose. Questo è un disco che ha il potere di commuovere fino alle lacrime solo alcune persone. Avete capito perfettamente quali. (Ed io ne faccio parte!) A tutte le altre, che magari non si riconoscono su questi temi io consiglio comunque l’ascolto. Il valore artistico, poetico e musicale degli Stormy Six non si discute. Prendete questo disco per quello che è: un importante documento sonoro dell’epoca… Un’opera che (al di là dei contenuti) ha contribuito a rendere l’Italia uno dei paesi musicalmente più avanzati. (Accadeva trent’anni fa.)

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