"Cioè no perchè sai, cioè non è che non mi piacciono ma, cioè sono un po vecchi non trovi? Cioè mi piacciono, non dicono di no, sopratutto quella che fanno anche la pubblicità della tim e poi anche una che ascoltavo da piccola, come si chiama? aspe faceva obabi obaba nananana na nananana, cel hai presente? Comunque Rihanna è il top ma io ascolto anche musica impegnata infatti adoro Husher" Avessi avuto davanti un cromosoma xy gli avrei dato fuoco, facendogli tra l'altro un grossissimo favore ma il decoltè ha su di me un effetto calmante e sono rimasto a sorriderle inebetito mentre pensavo a come e quando era successo, come si era potuti passare da "Across The universe" a "Womanizer" in neanche 40 anni senza che nessuno dicesse niente.

Dallo zeint al nadir.

40 anni fa veniva pubblicato il penultimo album del Beatles come ordine di uscita, l'ultimo come incisione, il loro testamento musicale.

Tra questo disco e qualsiasi altro di disco c'è un abisso da ricercarsi non nelle singole canzoni ma nella magia e nel irreale equilibrio dell'insieme, un lavoro di incastonatura che per quanto studiato e cesellato con ore di studio di registrazione appare naturale in maniera disarmante, quasi consequenziale, ogni canzone si porta appresso inevitabilmente la successiva, e questa sensazione si concretizza nell'incredibile lato b.

Oggettivamente "Maxwell's Silver Hammer", "Octopus's Garden", "Mean Mister Mustard" non sono grandi canzoni, sono ovviamente belle canzoni (i Beatles non sono geneticamente in grado di scrivere brutte canzoni) non fondamentali, nemmeno utili al di fuori del loro contesto, ma qui in quest album diventano necessarie, vitali per l'album stesso, paradossalmente con una "Dear Prudence" o una "A Day In The Life" (canzoni che meriterebbero un premio Nobel con dentro un Oscar con dentro un Pultizer) al loro posto l'album non ci guadagnerebbe niente, anzi perderebbe la sua magica coesione.

Ma accanto a quelle canzoni che fanno il lavoro sporco i fab ci regalano svariati capolavori: apre il disco una canzone che da sola vale una carriera e qui e solo una delle tante gemme, "Come Together" sembra scritta domani, tesa, sporca, sessuale "Something" ti fa capire perche c'è tanta gente che vorrebbe vedere Yoko Ono presa a calci sui denti, ha accellerato un processo che se si fosse protratto naturalmente avrebbe fatto esplodere Harrison come autore alla pari per talento nel album successivo "Oh Darling" e semplicemente bella, senza pretese di complessità, bella e basta "I Want You" è snervante e alienante come voleva essere.

E poi c' è il lato b, e con il lato b di Abbey Road la musica arriva in cima e da quel momento in poi potrà solo scendere, ecco cosa è successo, ecco perche "Womanizer"

Un unica canzone di poco piu di 20 minuti divisa in 11 episodi da cui si staccano un po la solare introduzione al lato di Harrison "Here Comes The Sun" e il dissacrante finale a sorpresa di "Her Majesty" 

In mezzo il geniale medley composto da "Because" (fantastica), "You  Never Give Me Your Money", "Sun King", "Mean Mister Mustard", "Polythene Pam", "She Came In Through The Bathroom Window", "Golden Slumbers" (da lacrime!), "Carry That Weight", "The End" (a mio parere una delle più belle in assoluto dei Beatles, e Beatles coincide sempre con "musica in generale") in cui a parte "Because", "Golden Slumbers" e "The end" ogni canzone fuori da questo contesto perderebbe di forza e significato che invece nel loro habitat risulta spaventosamente elevato.

L'importanza di questo album è intuibile, Abbey road rappresenta i Beatles stessi: ci sono stati tantissimi musicisti migliori tecnicamente di loro, ci sono cantanti migliori vocalmente di loro, c' è qualcuno che scrive testi migliori dei loro (tutto cio si puo facilmente constatare dando un occhiata alle loro carriere soliste, Lennon, almeno in parte, escluso) ma nessuno potra avvicinare la magia derivata dalla loro unione. 

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