Questi sei ragazzi si presentano con un look neanche troppo eccentrico che prevede camice da collegiali bianche, cravatte nere, una spruzzatina di sangue sintetico sulle labbra e visi marcatamente pallidi.

Sono da qualche anno noti nella scena alternative con il nome di The Birthday Massacre e provengono da Toronto, ma è più che evidente come la loro musica sia ben più adatta al pubblico teutonico che a quello d'oltreoceano. Non è un caso infatti se il successo tanto rincorso con il debutto "Nothing and nowhere" (2002) non abbia tardato ad arrivare proprio in terra germanica, dove nel 2005 il fortunato Ep "Violet" ha fatto sfaceli tra il pubblico. In esso troviamo la giusta dose di energia nu metal, tentazioni industrial, riverberi elettronici, un'inconfondibile fruibilità dall'intrigante retrogusto pop che pesca a piene mani dalla decade ottantiana, l'esposizione di un animo fanciullesco corruttibile da perversioni gotiche, sapientemente ritratto nel gustoso ed affascinante artwork in copertina. All'inizio è la raffinatezza di una voce dolce e bambinesca, quella della conturbante Chibi, ad accompagnarci attraverso questo breve iter, a metà tra sogno e incubo, che percorre un caleidoscopio emotivo di nove canzoni sinteticamente cromate di violetto. Poi, di colpo, veniamo risvegliati dalla sfrontatezza di chitarre ora rock, ora nu metal, ora industrial (le quali connotano l'appartata aggressività della band) e seducenti tastiere, pronte a giocare con l'ascoltatore e ad avvolgerlo in un vortice di ritmi danzerecci.

Tra i brani proposti svettano la nevrotica e disturbata "Lovers' end", la spensieratezza e l'appeal easy-listening della titletrack, la potenza di "Play Dead" (che potrebbe benissimo far concorrenza ad act quali The Love Crave, The Dreamside e compagnia modern-gothic metal), nonché la straordinaria "Blue". Il brano si configura come un turbine di perversione dove a rosee e puerili involuzioni si alternano cattivissime screaming vocals (ascoltare una Chibi così posseduta è quasi spaventoso!); le tastiere danno man forte nel creare un'atmosfera torbida e le chitarre tributano i Rammstein, distruggendo qualsiasi barriera imposta dalla frivolezza di altri brani. Già da un primo ascolto però, balza subito all'orecchio la necessità di mettere più carne al fuoco per poter convincere appieno ed ottenere consensi più ampi.

"Violet", insomma, non possiede il potenziale adeguato per sconvolgere l'attuale scena industrial, o quella synth-pop, oppure quella del nu-gothic metal, ma l'Ep in questione sa giocare bene le proprie carte, riuscendo ad assemblare una piccola serie di episodi memorabili, e potrà sicuramente accontentare chiunque sia alla ricerca di una musica trascendente i canoni preimpostati dall'attuale scena dark. L'unico rimpianto riguarda la scarsa durata del disco in questione, inframmezzato qua e là da interludi atmosferici che sapientemente ricreano un clima da incubo fanciullesco, ma che avrebbero anche potuto essere amalgamati ad un numero maggiore di brani, e per due canzoni non proprio memorabili come "Holiday" e "Nevermind" poste in chiusura. Se siete interessati, procuratevi la versione espansa del disco, nella quale potrete trovare quattro bonus tracks ripescate dall'altrettanto interessante "Nothing and nowhere".

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