'Il mio nome è Nessuno' (1973) viene spesso erroneamente attribuito al regista Sergio Leone, che invero collaborò alla realizzazione del film ma nel ruolo di produttore, mentre la regia è a tutti gli effetti del bravo Tonino Valerii, che del resto nel genere aveva già diretto un capolavoro del genere come 'I giorni dell'ira' (1967).

Probabilmente tutti hanno visto questo film e ne conoscono la trama, ma faccio comunque un breve riassunto per rendere il concetto: siamo alla fine dell'ottocento e un leggendario cacciatore di taglie, Jack Beauregard (Henry Fonda), ha ormai deciso di ritirarsi e partire per l'Europa, quando un giovane vagabondo che si fa chiamare 'Nessuno' (interpretrato da Terence Hill in uno dei suoi ruoli tipici) lo convince a compiere l'ultima impresa prima del buen retiro. Cioè sconfiggere da solo i 150 cavalieri del mucchio selvaggio.

È un film dai toni ironici ma allo stesso tempo carico di un certo pathos e drammatismo e che dipinge nelle gesta e poi nel ritiro di Jack Beauregard la fine di un'epoca e il passaggio da una fase storica a un'altra. Ma la 'fine' di Jack Beauregard è anche la fine di un mito.

È la fine del mito della frontiera e di quello che abbiamo imparato a conoscere come 'far west', lo dichiarerà lo stesso Jack Beauregard aka Henry Fonda alla fine del film in una lettera indirizzata al suo amico:

'A proposito, ho trovato anche la morale della storiella che raccontava tuo nonno, sì quella dell'uccellino che la vacca aveva coperto di merda per farlo star caldo e che poi fu tirato fuori e mangiato dal coyote. È la morale dei tempi nuovi: non tutti quelli che ti buttano della merda addosso lo fanno per farti del male, non tutti quelli che ti tirano fuori dalla merda lo fanno per farti del bene. Ma soprattutto, quando sei nella merda fino al collo, sta zitto. Perciò, uno come me deve andarsene.'

Sono parole amare, le parole di una persona che capisce che per quanto sia stato il massimo in quello che faceva, il suo tempo adesso è passato e solo curiosamente ci tocca considerare come questo film in qualche modo segnò in qualche modo anche la fine del genere cinematografico 'Spaghetti Western' o comunque il passaggio a una nuova fase del genere e di cui proprio Terence Hill fu tra i principali protagonisti con i due film su Trinità.

Ho scritto variamente e abbiamo dibattuto più volte di neo-psychedelia e in particolare de i Cosmic Dead, la formazione di Glasgow, Scozia, composta da Omar Aborida, Lewis Cook, Julian Dicken, James T Mckay e di come questa abbia costituito e costituisca una delle più potenti realtà nel panorama della musica neo-psichedelica del nostro continente e nella specie per quello che riguarda la proposta di lunghe e interminabili session droniche kraut-rock e con la determina di un suono a metà tra lo space ambient e un certo sound 'doom' tipo Swans.

È stato giustamente osservato come questo tipo di sound possa ad un certo punto forse stancare l'ascoltare, dato il suo carattere ripetitivo e il semplice fatto che effettivamente quello che era esploso come un fenomeno di nicchia, il movimento neo-psichedelico, nel tempo è diventato qualche cosa di diffuso e forse in alcuni casi anche abusato: in questo senso i Cosmic Dead non costituiscono sicuramente un unicum e il loro sound non si può in alcun modo definire inedito oppure qualche cosa di originale.

Il fatto siano inoltre particolarmente prolifici inoltre scoraggia molti ascoltatori: quelli più esigenti perché si domandano, immagino, come possa una band proporre dischi di qualità in maniera così compulsiva; altri semplicemente perché le cose da ascolare sono così tante che alla fine i Cosmic Dead, disco più disco meno, chi se ne frega.

È possibile che di tutto questo se ne siano resi conto anche gli stessi diretti protagonisti che in questo disco, titolato idealmente 'Psych Is Dead', realizzano evidentemente una specie di rito sacrificale ideale e alla fine del quale, attraverso quello che possiamo considerare una specie di 'trapasso' da una fase all'altra della loro esistenza artistica, riemergono dalle acque del Mare Mediterraneo come una formazione completamente nuova.

Parlo di Mare Mediterraneo perché questo disco qui ha la particolarità di essere stato registrato proprio sulle rive del 'Mare Nostrum' e più specificamente in Sardegna presso l'abitazione del musicista Luigi Pasquini, che ha preso anch'egli parte alle registrazioni come membro aggiuntivo della band, oltre che occuparsi direttamente delle registrazioni (il mastering invece è di James Plotkin).

Diviso in tre tracce, 'Psych Is Dead' (uscito lo scorso 28 aprile su Riot Season Records) si apre con i venticinque minuti di jam-session psichedelica di 'Nuraghe', un viaggio sonoro che potremmo definire in qualche maniera turbolento e sconnesso sul fondo degli oceani con il tempo che subisce una accelerazione improvvisa nel finale, trascinando l'ascoltatore in quello che è un vero e proprio vortice di suono echo-drone e in un furoreggiare tempestoso noise.

La title-track è al contrario un episodio più suggestivo, una specie di litania orientale e mescolata a sonorità provenienti da un lontano passato e l'eco delle creature leggendarie omeriche che affollavano il Mare del Mediterraneo. Il suono del synth è in ogni caso dominante e le sue modulazioni si incastrano in maniera perfetta con le riverberazioni e il 'fuzz' delle chitarre elettriche, il suono potente delle percussioni... fino alla terza traccia del disco, '#FW', che effettivamente nella sua prepotenza di quindici minuti e in cui tutte le componenti sonore sono sparate al massimo della potenza, costituisce un episodio di psichedelia acida e dronica che ricorda tantissimo alcuni momenti dei già richiamati Swans ('The Seer').

Che altro aggiungere? 'Psych Is Dead' è veramente una specie di rito attraverso il quale questa band si propone di superare quanto fatto finora e entrare in una nuova fase? Effettivamente alcune cose, come le suggestioni orientalieggianti della title-track e il drone spinto al massimo della potenza di '#FW', costituiscono un superamente di quanto fatto finora e rispetto anche alla prima traccia del disco che definirei più nello standard della band. Difficile tuttavia capire se e quanto anche questo tipo di sviluppo, cioè spingere ancora di più su l'acceleratore, possa essere in qualche maniera proficuo per una crescita consapevole del gruppo e quanto no.

Dubito comunque che con questo lavoro il quartetto di Glasgow abbia voluto congedarsi e poi decidere di sparire dalle scene come il vecchio Jack Beauregard. La domanda è se effettivamente noi dobbiamo o possiamo considerare questo genere come esauritosi in se stesso o se ci sono delle vie di fuga e se nel caso queste sono già state proposte in questo lavoro oppure no. Cionondimeno, frattanto, ascoltando questo disco si possono comunque notare delle componenti che rimangono interessanti e che sono effettivamente definibili propriamente come 'epiche' per quello che è il sound decisamente travolgente e irresistibile de i Cosmic Dead. Questo è innegabile e ne prendiamo nota, mentre al contempo annotiamo sul nostro block-notes il fatto che eventualmente 'Psych Is Dead' un po' come faceva Massimo Troisi con il prete di Frittole che gli annunciava che prima o poi sarebbe morto, e stiamo qui a aspettare adesso che cosa succederà. Prima o poi, è inevitabile, comincerà una nuova era.

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