"The year is 2005, and the absence of significant rock-based music of exceptional quality has resulted the unthinkable: Hell is frozen over..."

...ma per fortuna sono arrivati i The Darkness a riaccendere la fiamma del rock: il rock un po' cafone ma fottutamente divertente, il rock tutto chitarre, lustrini e falsetti, il rock degli AC/DC che si contamina con influenze anni '70, Elton John e soprattutto Queen. Questo è quello che ci propone la band capitanata dal mitico Justin Timb... oooops, scusate, Justin Hawkins nel suo secondo disco: un disco che, privo dell'impeto hard rock travolgente del precedente "Permission To Land", vira su sonorità più melodiche e multicolori grazie all'uso di arrangiamenti orchestrali in cui si sente la mano di Roy Thomas Baker, il leggendario produttore dei più bei dischi della Regina, quelli dal 1973 al 1978.

L'album inizia con la canzone che mi ha fatto conoscere (e amare) questa straordinaria band: "One Way Ticket": una cavalcata formidabile e travolgente, classica ma al tempo stesso diversa e fuori dagli schemi: l'apice del lato più rock del disco, che tra le sue perle vanta anche la passionale e tenebrosa "Bald", che raccoglie ottimamente la pesante eredità di "Love On The Rocks With No Ice" e le trascinanti "Knockers" e "Dinner Lady Arms", che danno modo a Justin di sfoggiare il suo micidiale falsetto, mentre "Is It Just Me?" riprende le sonorità dell'album d'esordio, risultando però un tantino fiacca e spompata. Ovviamente non può mancare la classica ballad da accendini sotto il palco, ovvero "Seemed Like A Good Idea At The Time", nobilitata da un bellissimo arpeggio e da un'ottima prestazione canora di Justin Hawkins. Discorso a parte per "Girlfriend" e soprattutto "Hazel Eyes", che trasudano genialità e pacchianeria da tutte le note, la prima con i suoi stupendi arrangiamenti e i cori simil-gospel, la seconda con la sua impareggiabile atmosfera cineseggiante, spassosa e divertente oltre ogni livello consentito. Tanto per chiudere in bellezza i Nostri piazzano alla fine dell'album due canzoni come "English Country Garden", grandioso esempio di pop fresco, divertente e stralunato e la ballata orchestrale "Blind Man", molto Queeniana con i suoi cori e controcori che sembrano usciti dal Paese delle Meraviglie di Alice e l'unico, vero e originale Justin che ci delizia con la sua voce fatata.

Che piaccia o meno, "One Way Ticket To Hell..." è un qualcosa di epocale, un bizzarro quadro a colori vivaci, l'antidepressivo definitivo, un album che, complice da breve durata, non annoia manco per sbaglio, da comprare a prescindere per il semplice fatto che dischi così fanno solo bene alla salute, punto e basta.

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