Spesso dopo che una band pubblica un buon album d'esordio, capace di vendere bene ed essere apprezzato dalla critica, ha un peso importante sulle proprie spalle, ovvero tornare sotto i riflettori con un secondo album capace di bissare il successo del suo predecessore e di accontentare i propri fan.
I Darkness però sembrano non aver centrato il bersaglio presentando il loro nuovo album "One Way Ticket to Hell... And Back", davvero piatto, con poche idee e con un sound decisamente più "soft". Infatti mentre il loro lavoro precedente "Permission to Land" poteva essere definito davvero un buon album d'esordio, energetico e con sonorità che rievocavano i bei tempi dell'hard rock anni settanta degli ac/dc con una spruzzata di sonorita alla Queen, questa loro seconda "fatica" si rivela invece essere un album molto più pacato e ruffiano del suo predecessore. I suoni delle chitarre perdono infatti in molte canzoni gran parte della loro potenza e vengono invece sovrastate dall'uso di arrangiamenti orchestrali come il piano o gli archi che contribuiscono a creare atmosfere molto meno "rockeggianti" di quelle ascoltate in precedenza.
L'album presenta quindi pochi episodi degni di nota. Si apre in maniera ottima con "One Way Ticket", con un riff che ricorda molto gli Ac/Dc e che fa sperare in un album energetico e con uno stile spiccatamente hard rock vicino al predecessore. Questo è anche il primo singolo estratto dall'album ed è, tutto sommato, una bella canzone. Però già la traccia seguente "Knockers" si rivela essere molto più "leccata" e noiosa e, sebbene con la successiva "Is it just me" l'album sembri riprendere la buona strada, le tre canzoni che seguono, ovvero "Dinner Lady Arms", "Seemed like a good idea at the time" ed "Hazel Eyes", si rivelano essere poco ispirate, piatte, monotone e purtroppo distanti dal sound hard rock sperimentato in precedenza. La track numero sette, "Bald", è invece il terzo e ultimo episodio davvero buono dell'album e forse anche la più bella canzone tra le dieci, con un riff e un refrain davvero molto piacevoli e complessivamente molto più curata delle precedenti, che sembrano più canzoni degne di un b-side o inutili riempitivi. La song successiva "Girlfriend" è un brano veloce e anonimo che non lascia niente all'ascoltatore e che scivola via senza troppe lodi o difetti. La penultima traccia "English Country Garden" gia dopo trenta secondi di ascolto sfocia nella noia che ormai regna padrona e i cori in falsetto nel ritornello stufano gia da subito. L'album si chiude con la ballad al pianoforte "Blind man" che tutto sommato non è male e che mette in evidenza l'ottima voce del cantante Dan Hawkins.
Concludendo si può quindi dire che "One Way Ticket to Hell... And Back" possegga solo tre canzoni davvero belle e una nota in merito può andare anche agli assoli, davvero non male, e alle doti canore di Dan Hawkins che comunque dimostra di essere davvero un ottimo singer. Il resto è noia e purtroppo fa pensare che i Darkness siano già finiti. Mtv ormai regna sovrana ed è ahimè sempre più difficile per un gruppo cercare di proseguire per la propria strada senza essere influenzato dalle promesse di successo, prontamente proposte dai bastardi che gestiscono quel maledetto canale musicale! Che brucino tutti! Come non citare poi le case discografiche che spremono ormai a dovere i gruppi emergenti per far soldi o che ne creano di altri a tavolino. Ci vuole forza di volontà e bisogna tenere a bada la sete di denaro per poter sfuggire ormai da questo circolo vizioso. Sembra così che anche i Darkness dopo quest'album così floscio rispetto al predecessore non abbiano ormai più niente da dire e che il futuro sia ancora più nero e sovrastato dalla sete di denaro. Nulla si può dire però in anticipo e quindi si vedrà con il prossimo album. La speranza è sempre l'ultima a morire.
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