Strani giorni li avevano trovati.

1967, il ricordo della Summer of Love ancora nelle menti d'incenso dei giovani hippie, i sogni di cambiare il mondo, l'amore, la pace, la guerra. Strani giorni in quegli anni, i ghetti neri di Detroit e Newark scossi da violente e insanguinate proteste, il Vietnam, il giovane rivoluzionario argentino Ernesto Guevara, detto "Il Che" assassinato in circostanze misteriose. C'è chi sintetizza gli ideali sbandierati dalle nuove generazioni cantando che "tutto quello di cui hai bisogno è amore", e invece c'è qualcun'altro che dietro i profumi esotici di cambiamento e hashish percepisce ancora qualcosa di profondamente anomalo.

I Doors sono in testa alle classifiche dopo "Light My Fire", il successo del primo album è incredibile, ma la band non si siede sugli allori e al contrario, trascinata da un incredibile entusiasmo decide di pubblicare letteralmente di filata il secondo album; anch'esso composto in gran parte da pezzi ideati precedentemente all'uscita di "The Doors". I testi di "Strange Days" sono magnetici e terribilmente espressivi. Forse con questo disco più di ogni altro Morrison tenta di arrivare al suo scopo primario: raggiungere la teatralità. La sua prima passione, e forse più grande, rimaneva il cinema, non dimentichiamocelo.

"When the Music's Over" spesso paragonata a "The End" come suo contraltare, è in realtà profondamente diversa. Non più cavalcate oniriche tra sogno e realtà ma un'interpretazione che lentamente, progressivamente, abbandona a sé stesso il cantante, lasciandolo solo al centro della scena. Gli strumenti si spengono come le luci dopo un concerto, e lasciano spazio a una pura e solitaria recitazione teatrale. Declamazioni lapidarie, quasi terrificanti. Come quella di "Horse Latitudes", il pezzo che in assoluto più rappresenta la filosofia del disco assieme a quello d'apertura. Jim Morrison non è più un cantante: è un angelo dell'apocalisse. Vede gettare in acqua cavalli da un vascello tra le onde infuriate del mare. Esseri soli e ormai senza più speranza, come noi, ma composti e dignitosi fino alla fine. E' un Jim Morrison già non più spavaldo, che si nasconde dagli sguardi freddi e severi della gente. È un poeta decadente che è chiuso nella sua torre d'avorio e che vuole disperatamente uscirne fuori. In un modo o nell'altro alla fine ci riuscirà.

 

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