Dopo l’esordio folgorante per i Doors era difficile migliorarsi; in un certo senso ci riescono con “Strange Days”. Di sicuro mancano i brani leggendari del primo disco, ma la qualità e compattezza di queste nuove dieci canzoni è incredibilmente elevata.

L’atmosfera si fa nel complesso più sulfurea, la chitarra elettrica lascia più spazio alle note grevi del piano e Morrison dà libero sfogo alla sua forza immaginifica e dipinge lande desolate con il suo canto indolente.

Si inizia con “Strange Days”; il piano è protagonista assoluto nel creare l’ipnosi; le parole si inseriscono alla perfezione nel tessuto musicale dando vita a qualcosa di subliminale; una sorta di marea che invade la mente. Il brano sfocia poi nel classico rock in stile Doors. Fin da qui è evidente il cambio di rotta; sebbene il primo disco non mancasse di momenti oscuri, è chiaro che adesso l’oscurità domina su tutto. Il sole si è spento.

“You’re Lost Little Girl” è un altro momento di magia oscura; il fraseggio esotico di chitarra ricama dolcemente sul canto maledettamente vellutato di Morrison. La ballata è splendida, un crescendo doloroso e fugace; una sorta di affresco sull’instabilità dell’amore.

Con “Love Me Two Times” si riprende appena il rock dell’esordio; il riff epidermico di chitarra incontra una melodia indimenticabile che viaggia su binari ben scanditi, mai perigliosi come in passato; più carismatica che veemente.

Troviamo poi una sorta di intermezzo; dopo la danza psichica di “Unhappy Girl” c’è il vociare folle di “Horse Latitudes”, l’affollarsi di pensieri sconnessi è al suo massimo splendore. Entrambi i brani non suonano nello stile del gruppo, che si dimostra ben disposto ad evolvere il proprio suono.

Ma allo stesso tempo sa mantenere tutte le sue prerogative; segue infatti “Moonlight Drive”, la prima lirica scritta da Jim Morrison, profonda sonata al pianoforte, teatrino di umori scostanti e, banalmente, stupenda ballata malinconica. La voce è alle sue massime potenzialità, capace di attirare l’attenzione di tutto l’ascolto su di sè, in modo che gli altri strumenti possano volteggiargli intorno come desiderano.

Dopo questo delizioso calo di tensione, torniamo pesantemente al tema centrale; “People Are Strange”; la solitudine, nelle note di chitarra, nel canto, nelle parole, mai così lucide nel trasporre la vita in musica. “Faces look ugly when you’re alone”. La solitudine trasuda dalla musica, il cielo si fa grigio sopra noi, la mente è intrappolata da questa poesia. Vera e propria arte.

“My Eyes Have Seen You” e “I Can’t See Your Face” sono altre meditazioni moribonde, tanto belle quanto difficili da spiegare.

“When The Music’s Over” è il violento, nero finale. Se “The End” era l’ode alla morte, questa è una sorta di rinuncia alla vita, una rabbioso grido di libertà until the end.

“Cancel my subscription to the resurrection” è la frase emblema, Morrison ci porta ad esplorare i meandri del subconscio, ci trasporta lungo le impervie sponde dello Stige; questa è tutto tranne che una canzone, è qualcosa di più, è un linguaggio universale che va a riprendere i temi fondamentali dell’uomo. Amore e Morte si mescolano dando vita ad un baccanale troppo affascinante per essere evitato. L’invito è aperto a tutti; questa è la Fine, la tua unica amica…

Io vi consiglio di non rifiutare.

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