Non volevo crederci, i primi giorni di Marzo, quando vengo a sapere che i Dream Syndicate suoneranno ancora in Italia, con una data al "Live Club" di Trezzo Sull'Adda, locale situato ad una manciata di chilometri dal "Bloom" di Mezzago dove lo scorso 29 Maggio si erano esibiti in concerto ed anche li ero presente.
Il viaggio da Domodossola in auto e piacevolmente accompagnato dalle note del loro epocale "Live At Raji's" e giungo davanti al Club milanese intorno alle 19.30; subito faccio conoscenza con una coppia di ragazzi provenienti dalla Calabria e con loro dividerò in toto una serata che fin da subito si annuncia magica.
Alle ore 20 si aprono le porte e lo sparuto gruppo di persone che attendono può entrare; raggiungo subito la transenna, sono in prima fila ed il battito cardiaco prende vita, posizionandosi su una soglia emotiva già piuttosto elevata. Ho tempo per dare uno sguardo alla sala che molto lentamente si riempie e la mia attenzione viene catturata da un signore di mezza età che indossa una maglietta di Frank Zappa: non resisto, mi avvicino, lo saluto e mi complimento per quanto fieramente mostra. Mi dice che è di Novi Ligure, in provincia di Alessandria, ed ha visto in concerto il Genio di Baltimora due volte...mi blocco senza parole ed il cuore aumenta di frequenza!!
Ore 21.45: è l'ora. Il primo a salire sul palco è il chitarrista Jason Victor, quasi timido nel salutarci; imbraccia subito il suo strumento creando un muro distorsivo che dura qualche decina di secondi, giusto per dare il tempo a Steve, Mark e Dennis di raggiungerlo. Il leader è davanti a me, a nemmeno due metri in giacca rossa e cravatta scura; ci guarda, sorride e partono le prime note di "When You Smile" suonata in una versione slow, molto trattenuta. Ricordo che tale canzone è stata una delle ultime suonate lo scorso anno a Mezzago: una sorta di proseguimento, un ponte che idealmente collega le due date.
Il primo brano sfuma lentamente, lasciandomi una sensazione di febbrile attesa perché sta per esplodere il vero concerto; ed infatti è Dennis, che indossa una maglietta del "CBGB" storico locale di New York dove nacquero i Fratelloni del Punk, a dare il via all'assalto sonoro delle successive due ore. Si diffonde l'epico riff di "That's What You Always Say" e parto letteralmente per la tangente: volume perfetto e Jason infiamma subito il locale con i suoi acidissimi assoli, sempre piegato su se stesso, con Steve che non è da meno. Mamma mia, siamo solo agli inizi!! Non riesco nemmeno a concedermi un secondo di giusta pausa, che "Forest For The Trees" mi da la conferma assoluta che sarà un concerto memorabile; sono in completa estasi sensitiva, è uno dei miei brani preferiti del Sindacato, mi attacco alla transenna che mi sostiene, canto, urlo, mi agito, abbraccio il mio vicino di posto Francesco: il finale del brano è incendiario, con le due chitarre tirate allo spasimo e la voce di Steve che graffia come ai bei tempi. Sono passati forse una ventina di minuti, inizio a non capire più nulla: per fortuna una prima breve pausa mi viene in aiuto.
Mi accorgo solo ora che Steve e Mark hanno gli stessi strumenti immortalati nella celebre foto del retrocopertina del loro live più famoso; chitarra e basso che portano ben visibili i segni profondi di tanti anni passati in ogni luogo del pianeta. A loro non serve mostrare strumenti nuovi per mettere a ferro e fuoco il locale, gli basta cuore e passione. Ed è lo stesso leader ad annunciare l'inizio dell'album "Medicine Show", proposto dalla prima all'ultima nota per festeggiare in maniera degna il trentennale dell'uscita del disco.
Sono pronto per affrontare e gustare nel migliore dei modi i successivi minuti che si aprono con "Still Holding On To You" ed il suo semplice riff che per l'ennesima volta mi penetra nel profondo dell'animo, restandoci questa volta per sempre: è l'apoteosi di quel Rock psichedelico del quale i Dream Syndicate sono stati tra i migliori esponenti. Tra un brano e l'altro la pausa è minima, come deve essere un vero concerto; ci pensa "Burn" a farmi provare un altro brivido clamoroso, con il suo incedere inizialmente mesto, lento, tranquillo fino al ritornello che cantiamo tutti insieme, entrando nella parte conclusiva del brano dove vengo raggiunto da un energumeno che mi abbraccia, sostenendoci a vicenda fino al termine della canzone, sommersi da una valanga di elettricità con pochi eguali nella mia lunghissima carriera musicale. Arrivano poi una di fila all'altra le tre gemme conclusive del disco; è proprio "Medicine Show" ad aprire il trittico, con quel suono elettrico, epico, magistrale, che si avviluppa al mio fragile spirito, sommergendomi: sono momenti emotivi che non riesco nemmeno a descrivere e ricordare, da tanto enormi. Ma il "pericolo" non è passato perché subito dopo arriva un altra clamorosa e tellurica mazzata, quella "John Coltrane Stereo Blues" che è una cavalcata di sano Rock suonato a folle velocità, con un Dennis perfetto metronomo che non perde un colpo: quest'anno compie 61 anni!!! Le chitarre di Jason e Steve si avvicinano, mandandosi vicendevolmente in distorsione per un lungo fraseggio che ha un potere di pura redenzione: sono minuti di autentica bolgia, dove il Live Club è messo a soqquadro, con il volume che si è fatto ancora più potente ed incisivo: noi del pubblico apprezziamo molto questa infinita cascata di note ed è il delirio totale.
Sono frastornato da tutto ciò, incapace di intendere; per fortuna i toni si smorzano di colpo quando il dolce suono della chitarra di Steve annuncia l'arrivo del brano che conclude l'album, la meravigliosa "Merrittville" con il suo amarissimo lirismo "...And I Wonder Why, They Left me here in Merrittville"; e dopo questo verso sono ancora le chitarre ad essere protagoniste, con un suono che all'improvviso diventa scarno, violento che ti incide la pelle: da sballo, concludendo una canzone che è perfetta ed annichilente. Un lunghissimo applauso conclude questa parte del concerto che resterà per sempre da me ricordata come memorabile, e conservata nello spirito.
Guardo l'ora sono all'incirca le 23, ma non è ancora finita; ci pensa l'ipnotico riff di "Halloween" a dare il via ad un ultima parte del concerto dove le mie poche residue energie vengono del tutto consumate. Ed è ancora Steve ad investirci con un altro intenso ed acidissimo assolo, dove tutto è distorto, tutto è sulfureo, tutto è mistico; in suo aiuto alla fine arriva Jason che rende ancora più drammatico questa ennesima dimostrazione di classe cristallina. Ma arriva finalmente l'ora di quel brano, della loro canzone forse più famosa; ed è un vero e proprio urlo primordiale quello da me emesso quando Steve parte con "The Days Of Wine And Roses": è un autentica chiamata alle armi e noi del pubblico siamo soverchiati dall'enorme onda d'urto che i Dream Syndicate ci stanno proponendo. Non riesco a trattenermi, ripeto all'infinito il ritornello fino alla catarsi conclusiva dove Dennis sembra non voler più fermarsi e gli altri non sono da meno: una dimostrazione di compattezza sonora che mi manda in totale "viaggio cosmico"; è l'amica transenna a sorreggermi...
Forse siamo alla fine, sono le 23.30 ma mi sto sbagliando: questa volta è Jason ad infiammare ancora una volta e di più ciò che resta di noi estasiati spettatori: ed è il micidiale suono di "Definitely Clean", suonata con veemenza Punk a cogliermi quasi impreparato, grazie ad una vampata elettrica di dimensioni non quantificabili, sorretta come sempre da una sezione ritmica guidata dal granitico basso di Mark. Con un barlume di ragione mi rendo conto che manca il mio brano preferito: urlo a Steve "Boston, Boston!!!" ed il suo sorriso beffardo mi dice che è giunta l'ora di tale meraviglia sonora. Quella poca energia rimasta viene da me usata per unirmi al leader e cantare tutto il brano, trovando anche questa volta l'appoggio del mio vicino; quando poi il cantante si avvicina a noi, intimando al gruppo di abbassare il volume del suono, ed inizia ad intonare "No More, No More, I Don't Want To Be Here Anymore" noi del pubblico siamo nelle sue mani, ripetendo il coro in una sorta di unplugged acustico: mi tocco il viso e mi accorgo di avere gli occhi lucidi. Ma non è il momento della commozione, mi aspetta il finale del brano dove è ancora un verso cantato da noi tutti a sancire la resa definitiva: "Do You Remember When We Used To Sing: Sha la la la la la la....." le chitarre urlano insieme a noi ed il drumming dal sapore militaresco dell'instancabile Dennis chiude il lungo brano.
Uno alla volta la band lascia il palco, Steve lancia il plettro che sfioro e cade al di la della transenna: lo vedo, ma non riesco ad arrivarci. Chiedo aiuto all'energumeno di cui sopra che reggendomi per le gambe mi consente di arrivare al prezioso cimelio che custodirò gelosamente. Ma il concerto non è ancora finito. Ritornano sul palco ed inizia la solenne e mistica "When The Curtains Falls" brano che chiudeva l'ultimo disco pubblicato nel 1988 dai Dream Syndicate, ideale conclusione di uno show a dir poco pazzesco; ma la relativa calma viene infine spezzata via dal gioiello finale della loro esibizione: "Rock'n'Roll" cover di Lou Reed. E ancora tutti gli strumenti vengono maltrattati per una conclusiva orgia in Musica alla quale i musicisti non sembrano voler porre fine; poco più di due ore sono trascorse dall'inizio e tra infiniti applausi il tutto termina: da standing ovation.
Ringrazio i miei vicini di postazione Francesco e Silvia, le due ragazze di Legnano alla mia destra ed un ragazzo di Roma che il giorno dopo si fermerà a Ravenna per rivederli: beato lui. Tutti comunque non abbiamo il minimo dubbio: siamo stati partecipi di un concerto memorabile, eccezionalmente bello. Una band che ha dimostrato una volta di più cosa vuol dire suonar bene, con enorme classe e soprattutto divertendosi: se non è il concerto della vita è di sicuro tra i miei migliori.
Ma le forti emozioni non sono ancora finite; nemmeno dieci minuti trascorrono dalla fine del concerto e Steve ci raggiunge nei pressi del bar. Sono uno dei primi a stringergli la mano e con il mio stentato Inglese lo ringrazio per i trent'anni di meraviglie che mi ha trasmesso attraverso la sua Musica; mi accorgo dalla sua stretta che aumenta di intensità che ha capito e mi sorride annuendo. Non so come trovo ancora un briciolo di lucidità e gli mostro la mia maglietta dei Primus che indosso, chiedendogli se li conosce. La sua risposta è "I Don't Like Primus" ma non importa Steve, io continuerò ad amarti all'infinito.
Esco dal locale in totale estasi e lentamente rientro verso casa che raggiungo allo scoccare delle ore 2.00; mi resta ancora una cosa da fare per chiudere l'ideale cerchio della perfezione. Entro in silenzio al buio nella camera di mia figlia Elisa Nicole; la raggiungo mentre dorme, una carezza ed un bacio sono il mio abituale saluto prima di mettermi a letto. Ora lo posso dire: è stata una serata indimenticabile, da brividi assoluti.
Ho concluso e questa volta mi sia consentito di dedicare il mio scritto ad una persona del sito: a te, mio Carissimo Amico di Saluzzo...tu sai perché. Alegher, Stame bin fiol!!!
Ad Maiora.
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