Notte insonne o quasi; una delle tante...ci sono abituato, sono abituato a conviverci.

Un improvviso lutto famigliare ha contribuito a rendere pesanti queste ultime giornate, in particolare la notte che sto cercando di superare, di vincere.

Ho pensato, ho cercato di incontrare con il pensiero la mia musica, che sempre mi è d'aiuto in questi enormi momenti di difficoltà...faccio già fatica a scrivere, faccio già fatica ad andare avanti. Ma non voglio, non devo arrendermi. Anche perchè "La Bastarda" bussa alle porte. Dovrò tenere a bada le mie ansie, le mie paure, la mia depressione che vuole ancora una volta farsi viva, e farmi male.

E d'improvviso mi sono venuti in aiuto, in soccorso i God Machine...ed il loro primissimo e già importante passo discografico del Novembre del 1991.

La purezza in musica traducendo il titolo dell'Ep.

Robin, Jimmy e Ronald sono stati i God Machine.

Nativi di San Diego in California, assolato luogo dove sul finire degli anni ottanta non andava di moda suonare Rock Alternativo. Prendono insieme la difficile decisione di attraversare l'Oceano Atlantico alla ricerca di un porto sicuro e giungono a Londra; vengono messi sotto contratto dalla minuscola "Eve Recordings" che li apprezza nell'immediato, dai primi contatti e dalle prime audizioni.

Home, The Blind Man e Purity: tre lunghi brani sono il loro biglietto da visita. Grezze versioni, registrazioni del tutto amatoriali ma che già forniscono quegli elementi di grandiosità che esploderanno in seguito nell'album d'esordio "Scenes from the Second Storey", una pietra angolare degli anni novanta.

Un'ispirazione fuori dal comune, tenendo conto della giovane età del gruppo. Una pressante sequenza di note che si spingono oltre le barriere dell'Hard-Rock e del Post-Punk. Riff ossessivi, costruzioni geometriche perfette, cascate di suoni di imperiosa potenza; poi d'improvviso il rilascio, l'abbandono, il voltare registro: si entra in territori decadenti, romantici, di accesa malinconia.

Non ho mai trovato nessuna band paragonabile a loro: unici, irripetibili, magistrali.

Cupi ed algidi allo stesso tempo; nero e bianco nella medesima canzone. Una cattedrale gotica di suoni, di immagini, di sensazioni nell'ascolto.

Il primo brano "Home" è figlio dei Jane's Addiction: dalla cantilenante voce di Robin, al violentissimo muro sonoro messo in atto. Tutto rimanda alla band di Perry Farrell; ombrose linee di chitarra dall'acidissimo incedere psichedelico. Batteria in drammatica elevazione, un basso sempre in evidenza capace di arroventare i minuti, lo scorrere dei secondi. Cinque minuti e mezzo che volano, che ti annientano, che ti rendono "schiavo". Hanno da subito vinto, mi hanno da subito conquistato. E mai smetterò di abbeverarmi alla loro sacrale e vitale fonte.

"The Blind Man" si apre con un lontano fraseggio acustico. Una chitarra solitaria, sfuggente, struggente...Entra la voce soffocata, accennata di Robin ed il brano decolla. Minuti che si elevano, che si librano nell'aria...Il registro cambia, volge...le chitarre esplodono. Basta con le note acustiche, abbiamo bisogno di rumore, di solidità, di martellamento ai fianchi. Ed è quello che accade con i secondi che trascorrono...la musica diventa tempesta, furia cieca, deflagrazione. Orgia totale, stacchi di chitarra, riprese furibonde...Devastazione assoluta.

Dei nove minuti di "Purity" non voglio aggiungere nulla: mi basta, come ho già sottolineato all'inizio, citare la parola purezza. Spero che il buon tia da Lecco, come me un grande conoscitore dei God Machine, possa dire la sua, possa lui stesso spendere due parole sulla canzone. Per rendere la pagina migliore.

L'improvvisa morte di Jimmy Fernandez, appena terminate le registrazioni del secondo disco, ha messo fine nel 1994 alla carriera della band. Non aveva senso alcuno continuare senza l'amico fraterno...Boy by the Roadside...

E la dedico a mio suocero Giovanni, "Ul macelar da Preglia" come era conosciuto qui da me.

Ad Maiora.

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