Certo in molti non saranno d'accordo, sostenendo che il primo, l'esperienza, è la più grossa esperienza uditiva dell'Hendrix, d'accordissimo: ma dov'è che il genio trova l'espansione che davvero gli compete ? Risposta: in "Electric Ladyland".

"Electric Ladyland" esce nel '68, ma già in quel periodo Hendrix era in viaggio verso lo spazio infinito, la droga lo stava portando a fondo, e questo è il testamento definitivo del genio. Il gusto per un certo sapore caraibico mescolato ai party ula - hop in acido deve aver dato alla testa a Hendrix che cerca sempre più di discostarsi dall'esordio andando verso quei spazi infiniti, Hendrix stesso disse che non riusciva più a sentire musica per chitarra, e che quella musica la sentiva nella sua testa e che se prendeva una chitarra tutta la cosa gli crollava. I pezzi sono dilatati, la visione per la canzone in se svanisce, e prende forma la danza che stordisce e ipnotizza, "Voodoo Chile" dura 15 minuti ad esempio, con un organo robusto che soppianta persino la chitarra.

È musica da chiesa elettrica che sconvolge, qui siamo già oltre i confini estremi del Blues, il Blues stellare qui si espande nella percezione di chi ascolta, un Sound totale ispirato agli abissi senza tempo dello spazio e dell'oceano, psichedelia dal futuro remoto che incendia il paesaggio dylaniano di "All Along the Watchtower" e che scatena la danza cosmica dei sensi nel vento incandescente di "Voodoo Chile", un pezzo che dopo averlo ascoltato ti fa capire 2 cose, primo che oltre questo pezzo Hendrix non sarebbe mai potuto andare, secondo che mentre le sciabolate distorte di Hendrix su "Voodoo Chile" chiudono l'album tu potresti benissimo chiudere la tua vita con un colpo alla testa di una 44 Magnum perché tanto di meglio in una chitarra elettrica non puoi sentire.

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