Voglio letteralmente celebrare quello che è l'ultimo disco di una delle migliori band attualmente in circolazione, sicuramente una delle mie favorite, e una di quelle band neo-psichedeliche che considero fino a questo momento non abbiano sbagliato un solo colpo.

Dalla città di Tucson, Arizona, ecco i The Myrrors che lo scorso maggio hanno pubblicato via la solita grande e mitica etichetta Beyond Beyond Is Beyond Records il loro ultimo disco, 'Entranced Earth', praticamente un anno dopo la loro ultima pubblicazione, l'EP 'Southwest Tour' (registrato in occasione di un tour nel sud-ovest degli Stati Uniti d'America) e che seguiva quel fantastico LP che è stato 'Arena Negra' (Beyond Beyond Is Beyond Records), praticamente uno degli episodi maggiormente degni di nota dello scorso anno. Così come allo stesso modo ritengo che questo disco ultimo sia senza dubbio destinato a segnare in qualche maniera il 2016.

Nella pratica questi ragazzi non avrebbero più nulla da dimostrare. Ascoltate, se vi pare, anche 'Burning Circle In The Sky', pubblicato nel 2008 e recentemente ristampato dalla Fuzz Club Records, a ulteriore riprova che i Myrrors sono praticamente una delle maggiori realtà nel genere psichedelico. Una band che emerge dalla grande massa in virtù del loro indubbio talento e anche perché disco dopo disco hanno sempre innovato il proprio sound e sperimentato diverse soluzioni sonore.

'Entranced Earth', ne consegue, è un disco differente da quello che poteva essere 'Arena Negra'. La band si cala letteralmente in una differente atmosfera, che è maggiormente meditativa e con un approccio alla materia psichedelica che ha dei richiami maggiormente evocativi rispetto al passato e che guarda in qualche modo ad oriente. Una specie di svolta anche di tipo filosofico ed esistenziale e una proposta musicale che fa in qualche maniera viaggiare a ritroso nel tempo e che per quello che riguarda il tempo presente invita a un differente approccio alla realtà che ci circonda in un senso sia spirituale che materiale.

Mi sono di recente perso nella lettura di un libro dell'autore indiano Ahmed Salman Rushdie (nato a Bombay nel 1947) e intitolato 'Midnight's Children'. Pubblicato nel 1981, nel libro l'autore dipinge e racconta in una atmosfera che definirei magica e in una maniera apparentemente confusionaria e delirante, ma via via sempre più lucida come possono apparire sempre più nitidi i ricordi scavando a fondo all'interno della propria mente e nel profondo della propria anima, quelli che furono i fatti che anticiparono e seguirono l'indipendenza dell'India nel 1947. Un racconto che è in qualche maniera carico di simbolismi e che racconta l'esistenza di un intero popolo così come dell'individuo in una mistura tra la narrazione di fatti storici e di quelle che possono essere leggende e racconti derivanti dalla antichissima cultura indiana e impastata dalla mescolanza delle differenti, innumerevoli tradizioni e eredità culturali e religiose. E tutto questo è in qualche maniera curioso. È curioso io stia leggendo infatti questo libro proprio in questi giorni, che sarebbero poi quelli della 'Brexit' (come negare il ruolo dei britannici in quelli che furono quei fatti e quelli che seguirono e che seguono ancora oggi), così come è curioso ricercare una qualche connessione tra questi fatti e l'ascolto di una musica come questa, che poi è praticamente un invito a andare oltre e valicare ogni possibile confine.

'Liberty Is In The Street' è una specie di inno alla gioia, assistere a una caleidoscopica processione, una parata di giganteschi elefanti indiani e di bellissime danzatrici ricoperte di vesti di seta che si muovono al ritmo della musica e volteggiano leggiadre nell'aria tra il chiasso e la meraviglia della folla. L'intro thrilling di 'No Clear Light' è in pratica una specie di rito, che ci cala in una dimensione mistica. Da quel momento tutto cambia e se chiudiamo gli occhi, ci rendiamo conto di essere altrove e in un altro spazio e tempo ma allo stesso tempo perfettamente a nostro agio: come se avessimo sempre vissuto quel particolare momento storico. 'Entraced Earth', 'Tallos', la lunga session e il mantra - come da titolo - di 'Invitation Mantra' e la energica e possente cavalcata kraut di 'Surem Dervish' costituiscono una specie di viaggio immaginario e ideale attraverso i secoli passati. Camminiamo sicuri lungo strade che furono in precedenza tracciate e calcate dal passaggio di Alessandro il Grande, dalla città di Pergamo fino alle cime innevate della catena dell'Hindu Kush, folgorati sulla via di Damasco, ammirati e estasiati alla base della Torre di Babilonia, ci sentiamo così piccoli e ridicoli nella nostra misera esistenza individuale e allo stesso tempo così grandi e in qualche maniera infiniti come potrebbe essere l'umanità intera.

Non lo so se riesco esattamente a descrivere quello che provo e in qualche maniera mi sento felice, rassicurato dal fatto che quello che provo potrebbe essere lo stesso ma anche allo stesso tempo differente da quelle che potrebbero essere le vostre sensazioni e le vostre emozioni. Siamo la stessa cosa e allo stesso tempo non lo siamo e io sono allo stesso tempo confuso eppure consapevole che ogni cosa potrebbe apparire semplice e essere facile da descrivere e da raccontare e spiegare. Possa Ganesh rimuovere ogni ostacolo, sia questo materiale che spirituale, dal nostro cammino e darci quella infinita umana conoscenza che come collettività abbiamo per forza acquisito nel corso della nostra storia.

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