Tanto si è detto sui Police. Forse troppo. Forse troppo poco, o male.
Molti li ricordano solo per i capelli biondi. O per la personalità schicciante di Sting. O per Du du du etc.
Nessuno ha mai riflettuto sul fatto che 'sti 3, ripeto 3, riuscissero a produrre:
a) dischi intelligenti
b) che hanno coperto moltissime sfaccettature della musica rock
c) che dal vivo erano semplicemente devastanti.
Ghost In The Machine riflette le sbornie, e le delusioni, del post Zeniatta: il gruppo aveva assaporato il successo mondiale, e in pratica aveva... sbarellato un po'.
Giustamente si ritirano in un'isola caraibica, isolati, e affidano la produzione, il cambio di rotta, a un giovane produttore, intelligente e di orecchie buone (Hugh Pagdam). Copeland sempre armato della sua durissima Tama e dagli amati Octoban, Summers con la valigia piena di harmonizers e il nuovo giocattolo, il synth guitar della Roland. Sting... basso, voce, ispiratissimo e molto dark.
Si parte con "Spirits...": suoni secchi, il rullante che picchia steccoso come non mai, e... quelle strofe con 20 sovraincisioni di voce. Questa sarà la caratteristica di tutto il disco: la voce di Sting livellata al pari degli altri strumenti, non prevarica, anzi, viene smoothata con tantissime armonizzazioni e controcanti. Si rimarca la collegialità del gruppo, o almeno si tenta di riportarla in binario.
"Every Little Thing" è un gioiello pop, in cui compare sinuoso un piano e un linea di synth suonata sull'Oberheim di Sting. S'inizia a staccarsi dallo stereotipo "pop-reggae"....
"Invisible Sun ": Cristo che chorus di chitarra! Summers si conferma un GENIO della ritmica, un mago nel creare POCO ma estremamente valido. Copeland picchia efficacissimo sui tom, il famoso "rythmatist" spande i suoi Paiste nell'intero spazio sonoro.
"Too Much Information": e chi dice che sia vergogna suonare funk, senza scimmiottare la disco? Ispiriamoci a Sly and the Family Stone, aggiungiamo un tocco di sax e... zac! Groove incredibile!
"Omegaman": della serie, come fare un solo al synth guitar di 5/6 note, ed entrare nella leggenda meglio delle 20.000 note suonate da un tamarro qualsiasi... gioellino speed pop.
"Darkness": Copeland sviluppa qui il suo non misero talento compositivo, e ti tira fuori una ballata cupa e stranissima, con un inciso di piano fantastico.
Qualcuno, per caso, non li ha mai ascoltati? Siete curiosi? Bene, iniziate da questo disco. Poi passerete agli altri.
Ma prima apprezzate le armonie vocali, il mood abbastanza cupo a tratti, e allegramente funky in altri. Fatevi coinvolgere dal groove "african" di Copeland. I veri Police, qui, si sono ritrovati, senza luci o glam vari: veri, essenziali e barocchi allo stesso tempo, ma sicuramente un terribile terzetto da guerra...
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