1980, nel secondo anno di mandato di Margareth Thatcher, in Inghilterra l'aria era diventata incredibilmente pesante. Le prime avvisaglie di ripresa economica dopo il fallimento dei Labours non erano sufficienti a sedare gli animi della classe operaia inglese, depredata dalla Lady di ferro di molti diritti assistenziali. Erano gli anni delle battaglie più cruente fra le firms di hooligans, anni di disordini e violenza, che culminarono nel sacco di Brixton del 1981. Come spesso succede, è nei contesti socio-politici più neri che vengono a formarsi le condizioni migliori per una svolta musicale, poichè la musica, veicolo artistico ma di protesta, rimane uno dei mezzi piu immediati e concreti per colpire l'attenzione delle masse.
Se per rispondere all'integralismo Reaganiano negli U.S.A. esplodono la bomba hardcore e le prime avvisaglie di Metal estremo, nel Regno Unito la situazione è più sfaccettata. C'è chi coglie l'ultimo treno del punk (U.K Subs e soci), chi cade in spirali di negativita (P.i.L., Joy Division), chi dà sfogo a velleità artistiche (Wire). Ma c'è anche chi rifiuta tutto questo e anche di più. Chi crede che l'unico modo per sanare la socità umana sia distruggerla, riportando il tutto ai giusti e incorruttibili albori. Il mito del "buon selvaggio" urlato fino a straziarsi la gola, urla che idealmente sono di chi ogni giorno è stretto sempre più nella morsa delle multinazionali vedendosi distruggere casa e tradizioni. Il grido di dolore di milioni di persone, che alla brutale aggressione industriale gridano "perchè?". La loro domanda è trasmessa dal Pop Group nel primo album "Y" (Why?, appunto), concentrato tanto inaudito di rabbia e primitivismo nel messaggio quanto avanguardistico in campo musicale. Di questo gruppo il commento più frequente è che hanno anticipato i tempi, ma caso unico, questi ancora non sono arrivati. Ci provarono le contemporanee Slits a riprendere in forma semplificata il discorso, e i più svagati Rip Rig & Panic (entrambi i complessi vantavano elementi del Pop Group), ma con risultati seppur encomiabili nemmeno lontanamente paragonabili ai maestri supremi condotti dal mai troppo esaltato Mark Stewart, fra i veri geni della musica popolare. Tanto buonista e flaccida la "World Music" di Gabriel, tanto è feroce il suo strillo anarchico che sbanda fra il tribalismo esasperato di Bruce Smith, le linee funky di Underwood prima e di Dan Katsis poi, il sax acido di Sager, le chitarre antesignane del noise che verrà dello stesso Sager e di John Waddington; il tutto in un mare di riverberi a bassa fedeltà e sparato a rotta di collo. Se "Y" rimane inarrivabile e titanico capolavoro fra i capolavori del '79 e del rock tutto (anche se parlare di rock è riduttivo), il secondo e inevitabilmente ultimo exploit di tanta furia resta altresì nell'olimpo del radicalismo sonoro. "For How Much Longer Do We Tolerate The Mass Murder?" non perde assolutamente in energia, il suo unico difetto sta appunto nel venire dopo l'anno zero di "Y".

Nell'attacco pazzesco di "Forces of oppression" vediamo un funky-noise nevrotico e velocissimo, e si ricomincia da dove ci eravamo fermati: "Paramilitary exercises in the ghetto? the rich get richer, and the poor will die". Poco da aggiungere alla successiva track che già dal titolo riassume la crudeltà delle corporations, "Feed The Hungry" con le angoscianti parole "The rape of the Third World, Western bankers decide who lives and who dies", e che vive di un percussionismo allucinato e di deliqui canori, mentre della successiva "One Out Many" si può solo dire che non si era mai visto ascoltanto niente del genere (e mai se ne ascolterà? )-manipolazione di nastri, congas, pianoforte impazzito, squarci vari e Stewart a recitare un rap macabro e fuori tempo, che si chiude improvvisamente-. "Blind Faith" è l'ariete che sfonda, funky impazzito e quasi ballabile, basso martellante, chitarra secca, dissonanze ovunque e la voce manipolata che intona "I can't Believe". Funk rallentato e mongoloide che vive solo di sussulti "For How Much..." è l'emblema della profeticità del gruppo con una frase su tutte "The Muslims are rising up -Jihad!That means holy war"...

"Justice" guarda all'ipocrisia sociale inglese, e aquista musicalmente un minimo di melodia o almeno di continuità, pur essendo continuamente stoppata, mentre "There are No Spectators" è un altro delirio in piena regola. La musica non è pervenuta, solo secchi battiti, stridori, fischi, echi e la voce stavolta da oltretomba di Stewart che recita "To wash your hands of the conflict, between the powerful and the powerless, means you are taking sides with the oppressors". Verità.
La cavalcata a singhiozzo di "Communicate" è d'altro canto furiosa e libertaria, caotica e fantasiosa. Quando sono andato a cercare le parole di questo brano ho trovato questa scritta: "Lyrics? Who the hell knows what Mark Stewart's yelling in the background!". La traccia finale "Rob a Band", di un sarcasmo disperato, fa leva su una tromba da marcetta militare e su surreali riferimenti a Robin Hood per trattare della disparità di risorse che affligge il globo, dell'eterna ingiustizia che permette a ricchezza e povertà di esistere.

Potente affresco della (in)civiltà umana, "For How Much..." rappresenta lo zenit della protesta in musica, anni luce avanti anche a mostri sacri come Bob Dylan. Le liriche infatti, oltre ad essere geniali e poetiche, a loro modo, con la costante evocazione di popoli lontani, sono pregne di una rabbia figlia di millenni di iniquità in nome del denaro e del potere. E' dall'angoscioso degrado di intere civiltà che si nutre il, altrimenti inspiegabile, rancore del Pop Group. Si badi bene a non limitare l'unicità di questa band al solo messaggio: incredibilmente il protagonista è proprio il suono. Fra le molteplici innovazioni, vi è il primo uso sistematico dello studio di registrazione come strumento a sè, senza contare un modo rivoluzionario di suonare la chitarra padre di Ranaldo e soci che verranno, e l'assorbimento di elementi tribalistici con uno spirito non di distaccata avanguardia, ma di passionale immedesimazione. Per molti il vero capolavoro della musica popolare è "Trout Mask Replica", per altri "The Doors", per altri ancora "Velvet Underground & Nico". A mio modesto avviso troppo spesso ci si dimentica di questa band, che con due album incredibili ha davvero saputo cambiare le carte in tavola con una foga e una genialità semplicemente uniche, avendo anche il pregio di rifuggire certi dottismi, e definendosi sempre ed orgogliosamente un gruppo POP.

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