A volte la terra in cui vivi ti permea l'anima rendendoti un tutt'uno con essa.
Un flusso congenito, un continuo processo osmotico che affonda le sue radici forgiandoti giorno dopo giorno.Nella musica dei Sugarcubes c'è tutta l'Islanda, i colori, i suoi umori, un rapporto ancestrale, catartico che interconnette la dimensione simbolica e quella corporea. La musica, le parole, i geysers, l'ammaliante voce di Björk e le aurore boreali in un turbine di rara bellezza, trovano la propria naturale trasposizione in "Life's Too Good".

Gli Sugarcubes si formano a Reykjavík l'8 giugno 1986, con Björk Guðmundsdóttir (voce), il marito Þór Eldon (chitarra), Bragi Ólafsson (basso), Sigtryggur Baldursson (batteria), Einar Örn Benediktsson (voce, tromba), Friðrik Erlingson (tastiere), sostituito l'anno sucessivo da Einar Melax e a sua volta da Margrét Örnólfsdóttir. "Life's Too Good" debutta, su etichetta londinese One Little Indian Records, nell'estate del 1988, dopo un solo ep ("Einn Mol'á Mann") edito due anni prima e quel che ne viene fuori dai suoi solchi è emozione pura. Le trame vocali tra Björk e Benediktsson e le chitarre acide, graffianti, a briglia sciolta, che arzigogolano su una massiccia intelaiatura di basso, creano una formula perfetta e originale, una musica che suona deliziosamente informale, poliedrica, fuori dalle concettualità del tempo. La risonanza mediatica di questa talentuosa compagine della lontana Reykjavík, non lascia indifferente il celebre talent scout, DJ, giornalista John Peel e la rivista musicale Melody Maker che piazza l'album al secondo posto della annuale classifica "End Of Year Critic Lists", preceduto solo da, nientepopodimeno,"Surfer Rosa" dei Pixies. I singoli "Coldsweat", "Deus", "Motorcrash" e "Birthday", riscuotono consensi assoluti dalla critica specializzata nonostante il rinomato misoneismo che vige nelle riviste di settore dell'epoca. Una menzione speciale la merita "Birthday", nata due anni prima nella versione in lingua originale "Ammæli", è un'orgia estatica, una ipnotica ballata sostenuta dalla eterea, impressionante vocalità della maliarda Björk e dalla sconvolgente anarchia strumentale che detta i tempi del brano attraverso un ossimoro "dissonanza-consonanza". "Thread worms on a string, keeps spiders in her pocket, collects fly-wings in a jar..." Grotteschi e surreali, anche i testi collimano alla perfezione con le parti musicali, la stravaganza è consuetudine come nei racconti di Carroll."Deus" non è da meno, quattro minuti e dieci (la traccia più lunga dell'album) di amore, di passione. È un lento incedere attraverso un'atmosfera solenne scandita dal basso di Ólafsson che, corposo e essenziale più che mai, cavalca la voce di Björk accompagnandola fino alla conclusione del brano che sfuma in un ispirato riff di Eldon da brividi. L'intrigante "Mama" dal retrogusto mistico, il pop-funk di pregevole fattura di "Blue Eyed Pop", lo spleen tipico del post-punk in "Sick For Toys", l'orchestrale e bizzarra"F***ing In Rhythm & Sorrow", suggellano un lavoro che, a trent'anni dalla sua pubblicazione, rimane fulgente ed eterno.

Ad aprile del 1988 gli Sugarcubes hanno donato al mondo "Life's Too Good".
L'Islanda è un'isola nell'Oceano Atlantico settentrionale, ma non solo.

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