Un anno dopo la riconciliazione con il suo brand "The Waterboys" e l'uscita di "A Rock In The Weary Land", Mike Scott nel 2001 decide di puntare sulle vecchie outtakes del "periodo di grazia" attorno al concepimento del suo disco più famoso, "Fisherman's Blues". E' possibile che Scott non si sentisse a posto con se stesso senza consegnare alla luce quei pezzi, è probabile anche trattarsi si una gretta operazione commerciale, e d'altronde se ad oggi Scott è scambiato per un irlandese non è certo perché ha i capelli rossi e le lentiggini!

Ma noi recensori ed uomini veri siamo perfettamente in grado di concentrarci esclusivamente sulla musica, sulle atmosfere ricreate, sulle suggestioni provocate, sulle immagini rievocate. "Too Close To Heaven", come chiaramente specifica il sottotitolo, rievoca la musica, le atmosfere e lo stile musicale di "Fisherman's Blues". Ma cos'è, che genere di musica è il "blues del pescatore"? Precisato che il pescatore in questione si occupa di platesse, naselli e merluzzi atlantici, il suo blues, nato a Spiddal, Eire, è un folk celtico che, con i suoi strumenti tradizionali, prende il mare, affronta le tempeste ed arriva negli States, incontrando il buon blues. E' il folk pop che si mescola a sonorità e gusti country, è il traditional composto un millennio fa da chissacchi, al quale Scott ha aggiunto o sostituito i testi; è un brano storico reinterpretato, è l'uso del "lilting" per scopi pop. Ed è un tributo al sommo Van Morrison.

Specificato ciò, non resta che chiedersi se "Too Close To Heaven" somigli o meno al suo predecessore. Se consideriamo che negli Stati Uniti il disco usci come "Fisherman's Blues II", sembrerebbe proprio di si, ma la risposta è, ovviamente, assolutamente negativa. Se nel primo era l'Irlanda che viaggiava e scopriva l'America, qui è l'America che compie il viaggio a ritroso. I risultati sono totalmente diversi. Ed inferiori.

Vi sono brani come "Blues For Your Baby", "Custer's Blues" e "Tenderfootin'" che sono blues standard, direi metropolitani anni '80. Sarebbero stati benone dentro al secondo disco dei Waterboys, "A Pagan Place", arrangiati in maniera normale. Ma in un disco che ha le pretese di somigliare a "Fisherman's Blues" le atmosfere contano eccome, e nella piccola Spiddal non c'è posto per un grattacielo newyorchese. Non basta piazzare un fiddle (violino) al posto di una tastiera ed un fuzz mandolin al posto d'una qualsiasi electric guitar, per essere nuovamente ciò che fu. Riarrangiata pure "Higher In Time", rock epico cucinato alla marinara, così come il folk rock di "The Ladder", che non appartiene nemmeno a quel periodo ma è un outtake del precedente "This Is The Sea". Le canzoni possono avere o non avere le atmosfere di quel famoso disco, ma perché mai dovrebbero esserci outtakes di altri dischi? Solo perché, una volta giunto a Spiddal, Mike Scott provò a risuonarle con gli strumenti del folk?

A bersaglio ci vanno l'opener "On My Way To Heaven", traditional che aveva vari titoli e vari testi (si vede che in Irlanda sono poveri di idee), ed a cui Scott fornisce titolo, testi ed arrangiamenti nuovi, nonché la titletrack, dodici minuti di "fisherman's soul". Pare infatti evidente che si sia cercato di ricreare/rievocare il soul/preghiera di Ben E. King, Toussaint McCall ed onorabili colleghi.

Dopo quel disco, Scott e soci rimasero ancora a Spiddal e pubblicarono, nell'88, "Room To Roam", disco con le stesse inclinazioni ma meno riuscito. Nell''87, a cavallo tra i due dischi, nacque "Good Man Gone", finalmente un chiaro esempio della musica che doveva esserci in questo disco. Ok, non sarà proprio di "Fisherman's Blues" ma è sempre nata a Spiddal. Ecco: se il disco avesse indicato "The unreleased SPIDDAL sessions" al posto che citare l'album della gloria, sarebbe stato corretto. Le sessioni eseguite (di brani nati anche vent'anni prima, chi se ne frega, tanto qua ci sono pure i traditionals!) in quel preciso luogo del mondo. Certo è che l'appeal di "Fisherman's Blues" sarebbe venuto a mancare... Felici anche la cover dell'epica "A Home In The Meadow" (il western desertico che assomiglia, una volta ogni quarto di secolo, alla verde brughiera) e la conclusiva "Lonesome Old Wind", il vento-Waterboys con dei passaggi morriconiani.

Le canzoni non sono male; l'ascolto certo non è facilissimo ma l'intensità c'è. E' solo una questione di collocazione. Visto che queste celebri sessioni sono state parzialmente reincise, ricantate, dato che alcuni brani non avevano un testo completo fino al 2001, non poteva il signor Scott accettare di eseguire in chiave rock un pezzo rock, in chiave blues un brano blues, lasciando quindi così la chiave "fisherman's blues" ai veri brani "fisherman's blues"? Chissà avrà pensato la comunità di Spiddal, quell'anno?

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