Il Progressive è stato per lungo tempo (ad essere riduttivi dal '77 in poi) il genere da non citare fra i propri ascolti, pena l'esser subito identificato come sfigato, retrogrado e musicalmente ottuso.
Il Punk lo aveva tramortito e ucciso in poco tempo, continuando per anni a danzare sopra i suoi resti in avanzato stato di decomposizione. Danza che si è tramandata per generazioni, facendo scempio e dileggiando sia rei colpevoli che vittime innocenti dell'epoca. Per condannare i colpevoli pachidermi (che non sono così per tutti, ricordiamolo) si è finito per far scomparire dagli scaffali e dai lettori di molti, i gruppi più disparati, che col Progressive canonico non molto avevano da spartire. Basti pensare ad ensemble come i Family, antesignani del movimento, col loro fragile equilibrio fra folk, psichedelia e quant'altro, le tenui armonie dei Caravan, o le atmosfere dark-folk di band come i Comus.
Col nuovo millennio sembra esserci stato un minimo dietro front, sia per quanto riguarda la critica, più aperta a fare dei giusti distinguo all'interno della scena Progressive, sia da parte di chi la musica la fa. Soprattutto nell'ambito heavy psichedelico degli ultimi 10 anni, molte band si sono "progressivamente" distaccate dalle influenze kyussiane per dirigersi verso strutture più complesse, di influenza più o meno Progressive. È il caso di questo primo disco dei Titan.
Composto di quattro tracce, tutte intorno ai 10 min., "Raining Sun..." è progressivo nella struttura dei brani, ma mantiene un appeal chitarristico heavy e dilata il tutto con effetti space rock alla Hawkwind e rarefazioni psichedeliche di scuola teutonica. L'intro folk alla Comus di "Annals Of The Former World" sembra smentire quanto detto, ma già al 1'20" chitarra e organo imbastiscono un duello degno di band dimenticate come gli Arcadium, ma con il triplo dei decibel. Difficile, come si può immaginare, descrivere il tourbillon di cambi, ritmiche e refrain che si susseguono senza sosta lungo l'album. Chitarre ora folk ora quasi metal vanno a braccetto con Hammond di scuola Canterbury, mentre ritmiche dispari si alternano con sprazzi di simil jazz.
Di sicuro per molti questa zuppa può rimanere indigesta, per la pesantezza degli ingredienti e per il condimento a volte eccessivo delle pietanze, ma se ogni tanto non sapete resistere alla tentazione di un bel gelato dopo un panino krauti, wurstel e senape, beh questo disco fa proprio per voi.
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