Uscito nel 1996, "Ænima" è il secondo album dei Tool. Giudicarlo solamente un bell'album è superficiale quanto molto riduttivo; "Ænima" è una finestra nell'oscurità più complessa e profonda, un viaggio inquieto che non lascia respiro.
All'interno di quest'album si passa dalle atmosfere, ai suoni, ai colori più disparati, ma alla fine ho avuto la stupefacente certezza che tutto quello che ho sentito durante i 77 minuti di "Ænima" sia una cosa unica e indissolubile e che anche una nota in meno ne avrebbe sminuito tutto il resto.

Tecnicamente parlando, diciamo che i Tool propongono un Progressive Metal di accecante bellezza e straordinaria raffinatezza; anche se per via della loro stupefacente ricercatezza sonora è molto difficile accostarli ad un genere o ad un tipo di metal in particolare, il loro è un suono unico e, probabilmente, nessun gruppo metal è mai arrivato ad accostarsi a tale raffinatezza.

Il viaggio all'interno di "Ænima" inizia con "Stinkfist", brano che alterna l'inquietudine della voce alla maestosità sonora attraverso brevi passaggi rabbiosi; sembra quasi una visione su quello che succederà in seguito.
Segue "Eulogy" con un'intro rilassante e molto ipnotica rotta dall'entrata di una chitarra nervosa e dalla voce, prima filtrata, che poi sfocia nel ritornello; a questo punto il brano prende direzioni molto varie, ma che restano sempre legate alla prima parte. Da seguire con il cuore in gola.
La terza traccia, "H", inizia con rumori che calamitano l'attenzione per poi passare ad un'ottima melodia, con la tensione che sale molto lentamente fino ad arrivare ad un finale strumentale d’incredibile intensità. Tutto questo è seguito da un piccolo intermezzo "rumoristico" di nome "Useful Idiot".
La quinta traccia, "Forty Six & 2", trasmette fin dall'inizio una forte sensazione di attesa mista ad inquietudine, la quale si propaga a macchia d'olio attraverso tutto il brano per poi arrivare ad un finale che tramortisce. Subito dopo c'è un intermezzo, "Messagge To Harry Manback", che lascia spiazzato l'ascoltatore: una base di pianoforte malinconica con in lontananza i versi degli uccelli, ma con una voce fredda e decisa che con altrettanta freddezza tira fuori insulti di ogni tipo, in inglese, ma anche in italiano!
La settima traccia, "Hooker With A Penis" è il pezzo più spasmodico dell'album; la melodia sembra del tutto assente, ma il tutto è ottimamente curato per dare un'emozione continua e lacerante che trafigge. "Intermission" non è altro che un intermezzo eseguito con l'organo che in ogni caso rimane nel tema dell'album.
Segue "Jimmy", brano che alterna parti rilassate ad altre molto trascinanti; ma sempre all'interno dello stesso contesto. Nella parte finale la tensione sale e, di conseguenza, le emozioni. "Die Eier Von Satan" è un intermezzo davvero inquietante e molto sperimentale, con rumori martellanti e ripetitivi in sottofondo che sembrano usciti da una catena di montaggio... o dall'inferno? La voce, in tedesco, ripassa gli ingredienti per preparare le uova di satana(?) con in sottofondo, oltre agli inquietanti rumori, le urla di persone che acconsentono. Subito dopo si passa a "Pushit", brano in bilico tra la malinconia e la speranza, in cui la parte strumentale ha grande rilevanza, ma che nella parte finale cambia decisamente ritmo con ottimi assoli e riff non troppo duri ma efficaci, quasi soffocati. L'intermezzo successivo, "Cesaro Summability" inizia con la risata di un bambino che sfocia in pianto, seguita da vari rumori soffusi di cui uno in evidenza.
La title track, "Ænima", porta verso la fine del viaggio; i ritmi si fanno più serrati, se pur interrotti da un'ottima parte percussiva, e nel brano regna una costante sensazione di scoperta, di realizzazione, che il viaggio intrapreso è arrivato al punto più importante, la conclusione. E prima di arrivare alla traccia finale c'è "(-) Ions", un intermezzo in cui un rumore elettrico si fonde con un qualcosa che sembra attraversare l'aria.
L'ultima traccia, "Third Eye", è la conclusione complessa quanto efficace dell'album; nella sua abbondante lunghezza (14 minuti) si passa attraverso le atmosfere più disparate: da quelle cupe e stridenti dei sintetizzatori a quelle inquiete delle chitarre, con un incredibile incedere da parte della batteria. Un'esplosione di oscurità dalle mille sfumature diverse, eppure sempre legate al nero dominante. Il perfetto finale dell'album, con un finale veramente furioso.

In questa recensione ho voluto descrivere l'album passo dopo passo, brano dopo brano, solamente per cercare di trasmettere la sua incredibile intricatezza, perchè questo non è un album di singoli. Consigliato a chiunque abbia la voglia/pazienza di calarsi in queste claustrofobiche atmosfere con la massima apertura mentale, al di là di ogni preferenza musicale. Vi assicuro che al termine di questo viaggio vi sentirete appagati e, probabilmente, cambierà anche il vostro modo di intendere la musica.

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