"Millions Now Living Will Never Die" è uno dei dischi più apprezzati a livello di critica degli anni 90 di una delle più importanti band postrock di sempre, i Tortoise.
Ho ascoltato per intero questo lavoro ma non riesco a capacitarmi di come possa essere ritenuto un capolavoro, altro non si tratta che di un disco strumentale che punta sull'atmosfera, utilizzando una vasta gamma di effetti sonori lavorati a tavolino in studio di registrazione e ogni tanto qualche riff di chitarra o giro di basso stile rock alternativo dei 90 ripetuto fino alla nausea. Certo ogni tanto abbiamo qualche spunto interessante come nel caso della conclusiva jazzata "Along The Bank Of Rivers" che ricorda le colonne sonore di Henry Mancini, però la maggior parte dell'album passa nella noia più totale per la pochezza di idee e spunti interessanti.
Unico pregio di "Millions Now Living Will Never Die" è la cura eccezionale per i suoni ma se manca la sostanza si può avere pure la migliore produzione del mondo e comunque il livello rimarrà sempre mediocre. Allora visto che si tratta di un disco strumentale starete pensando a qualcosa di estremamente tecnico e progressivo.... Niente di più lontano, ciò che ascoltarete equivale alle musiche tipiche dei videogiochi di quel periodo (avete presente quando durante il gioco vi trovate in un ambiente particolare e la musica fa d'atmosfera, questa è più o meno simile a ciò che suonano i Tortoise) elaborate però in uno studio di registrazione di alto livello.
Di musica suonata da strumenti tipici del rock c'è ne ben poca e come ho già detto prima prende spunto dall'alternative dei 90 esasperandolo nelle ripetitività. Di davvero innovativo in questo lavoro non ci troverete niente ma visto che si tratta di musica pesante e di difficile ascolto (grazie quando si propongono due note per 20 minuti!!!!!) la critica si esalta e grida al capolavoro, soprattutto perchè magari nel disco c'è un minimo accenno jazz... Mah. Sinceramente non riesco a riconoscere a questo genere di musica tutta quella potenzialità esaltata da critici di spessore, sarà che sono troppo abituato alle canzoncine di Black Sabbath e Beatles e alla voce inespressiva di Lane Stanley (parole di Piero Scaruffi, critico musicale di un certo livello o almeno crede di esserlo) che non mi fanno capire questi capolavori.
Ai posteri l'ardua sentenza.
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