A Trumpet solo. Il mito di Falloppio nella tragedia greca.
Ovvero L'arringa affumicata e il salvagente nel deserto.


Oggi giorno si utilizza un linguaggio scurrile con una certa facilità, tra cui coglioni.

Ma qui ci sono fatti e non parole.

Dacché il mondo è la totalità dei fatti, Falloppio è una garanzia. Quella che i coglioni stiano raccolti al loro posto. Senza dare all'occhio. Al più fanno la musica delle strobosfere, molto anni 80. Che se ti ci guardi, vedi solo come sei fatto dentro.

Se firmi un contratto, il minimo è che ti pubblichino l'album. Senza tanti cocacola-pepsicola-ossodurismi. Tutto è filato liscio, come olio di balena sulla pelle della foca. Come un pirata ed un signore scivolano fra le lenzuola dell'amata. Così, consequenzialmente, Falloppio, Strega e Flober, con Mr. Za e Allo, in quarantena in uno studio del Monferrato, causa congiuntivite, non vedevano l'ora dopo 35 mesi di rilasciare "Padre Abarth".

Mercurio Flavio, pianeta di burrasche e piantagrane, ha escogitato un piano. Fortemente condiviso da Strega e Flo. Facevano le fate simili alle streghe fin l'altro ieri. Poi, quando meno ti aspetti l'inaspettato, ecco l’albume nuovo. Uscito chi sa da dove. Fatto con chi sa che cosa. Stile heavy metal, hard rock, folkabbestia (apo)catalitico; esalazioni di Entombed, scariche di AC/DC, cavalleria sassone, (e)virati nero seppia sabbatico.

Il Flavio bivalvo è ritornato carico dalle Ardenne. É tornato stretto dai Dardanelli. Di nuovo dagli ominidi rudolfensis ma, questa volta, per portarci nel suo mondo immaginario: una Fantasylandia dove t'accoglie, a braccia (corte e) aperte, la donna nana e l'orchestra suona la Nona. Lì, il re Falloppio, esplora le vostre potenzialità con la forza della sua mente. Una volta ha spostato una mentina dalla scatolina alla sua mano col pensiero. La volta che Strega parlò francese: Jeu de main, jeu de pensée qui pense à lui-même!
Jeu du destin je Witch, j'ai faim, mangeons un sandwich! Così tra una pensata e l'altra, un panino al salame e soppressa & vegan snack ai ceci, rosmarino e prezzemolo (“Sei vegana/ Lo so/ Me l'hai detto/ E quindi per amore/ Mi adatto/ Il tofu mi ha rotto”) è nato quest'album gemellare. Prima ha messo fuori la faccina, poi il sederino. L’ostetrica sentenziò: Toh, due gemelli!

Sulle prime l'album era gracilino. Un po' di vitamine, un po' di grunge, un po’ di punk, un po’ di amor proprio-proprio amore… un po’ de "la potenza dentro un uomo palestrato" ed ha raggiunto una robusta costituzione unita ad una straordinaria maturità. La gente impallidiva. I suoi autori, nel Monferrato Resort, erano orgogliosi di quel figlio di Purana. Già, forti i suoi artefici di aver letto a letto veri testi sacri vedici: Bhāgavata Purāṇa o Śrīmad Bhāgavatam! Con la misticanza allora lo concepirono e lo misero alla luce. Un parto mistico, dove la ragione e l'essere si fondevano in unità al suono del tamburello. E Falloppio non si chiedeva neanche più chi lo suonasse. Perché, da allora, egli stesso è diventato la pura essenza del suono. L'unità che fluttua nel divenire, mentre si scaccola distrattamente. Il proprio profondo sé unito, che si scorda di pagare il conto del bar all'angolo della sua anima.

Ma sopra ogni cosina, il superamento di ogni dualismo mentre urla nel microfono che il fonico ha dimenticato d'accendere. Ma non s'incazza. Il suo sé adulto è pari alla sua opera adulta. Si gira con dignità e garbo, occhi affabili, un po' tonti: Riproviamo? - Riprova! E riprova. E la riprova sono le vertigini che ci regala questo grande pezzo d'arte.

L'altezza, la beltà, l'intreccio.

È solo rock'n'roll ma, se fosse una bistecca al sangue, ci piacerebbe uguale. (cit. Leo da Vinci)


Comunque all you need is All you can eat: se Falloppio si dimostra ancora pari alla sua fama di "patito del brasato" (che sua moglie presenta sotto forma di Pot Roast del Mississippi), Strega s’è svezzato col semolino svizzero. Shakespeare, cognome di Allo, è solo un ragazzaccio che nasconde le patatine altrui nei Kleenex. Flober e Mr. Za arrostiscono ancora marshmallow inzuppati di disinfettante antibatterico, durante le ricreazioni, perché "ci vuole cotone dolce sulle amare ginocchia sbucciate" (una work song inventata da loro).

Così ci fermiamo “in fila in tangenziale” ma in buona compagnia: Kṛṣṇa, il rock duro e puro, poco arrosto, il Tractatus Logico-Philophobico, un sombrero, pezzi di Didò e di Dido, il giro di Do e il giro di Donne, John Donne, battiscopa in simil legno, olii e stagni; tutto a tratteggiare il quadro fantastico, che inventa letteralmente la realtà, di questo nuovo album impressionante. Un quadro di Monet, prima di essere dipinto. Un album perfettamente utile, né più né meno di quanto serva al topo per sopravvivere al gatto. Al coniglio per riprodursi. E a noi per sapere che non mancheremo all'appuntamento col destino. Specie se desiderassimo raffreddare una insolita minestra. Chiedendoci magari, qualora lo prescrivesse un genio maligno marzulliano, se il Demenziale sia la calamita del Metal o se il Demenziale sia la calamità del Metal.

Comunque sia, "Padre Abarth" è una grossa servo-sterzata al Metal nu-Demenziale! Efficace anche contro le maledizioni degli altri automobilisti.

Oltre la Duna, Flavio sei ormai un(a) Mito. Come Promiteo, come Harry Bellerofonte in “Banana Boat”, dove cantava Omero per uccidere la Chimera!

E tu, se sei stanco del solito apollineo yogurt greco, ecco un album mitologico, tra PriScilla Presley e John Cariddi. Tra Circe e il circense. Cioè, attenzione, non dare le perle ai proci se uno scimpanzé sta guidando una moto. In sintesi, non risolveremo mai la questione omerica, né Flavio la sua disfunzione erettile. Ma questo album, a forma di goccia e leggermente proiettato in su, perfetto, col senno di poi, può entrare certamente dentro una coppa di champagne (così dice Armand de Brignac nel saggio “Le vostre zone erogene”). Ma saltiamo i fossi. E giù sciampain per tutti!

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