Le U.T. si formano nel 1978 a New York, capitale di una nuova e rivoluzionaria ondata musicale e attitudinale spinta a ribaltare completamente la concezioni Freak-psichedeliche degli anni addietro sotto tutti i punti di vista. Jacqui Ham, Sally Young e Nina Canal si potrebbero inserire in quel sottogenere di culto come la No-Wave, nata e morta nell’arco di 3/4 anni (tra il ’78 e ’82) di cui i portavoce si contano veramente su di un palmo della mano.
Citiamo James White con i sui Contortions, i Teenage Jesus&The Jerks di Lydia Lunch, M.a.r.s, Arto Lindsay con i D.N.A, (questi tra l’altro fanno parte della epocale compilation “NO New York" prodotta da Brian Eno), i Theoretical Girl del Maestro Glenn Branca (che Thurston Moore dovrebbe santificare, dato che agli inizi della sua carriera è stato l’ispiratore assoluto della mente del giovane chitarrista sonico) ed il pazzoide Von Lmo.

La No-Wave ha un suono irrequieto, primitivo, schizofrenico e amelodico basato su di un’impalcatura (la maggior parte delle volte Punk-Funk) di terrificante scheletricità. Dopo un singolo nell’80 e un Ep nell’84 esordiscono con il disco Convinction nel 1986 che precede di due anni appunto questo In Gut’s House, dove il pressappochismo delle loro prime composizioni viene modellato in maniera molto più originale. Nessuno ha un ruolo preciso nella band, solo la Canal si trova spesso dietro la batteria (o per meglio dire le”parti di batteria”), mentre le altre si girano di volta in volta chitarra, basso, violino, armonica.
L’album viene delineato dal canto della Ham, una Patti Smith alcolizzata e psicopatica, l’ossessivo tribalismo della Canal e il suono scorticato della chitarra, figlie illegittime del primo Cave (From Her To Eternità,The Firstborn is Dead).

Si parte con Evangelist, forse il brano più orecchiabile sia per la melodia a doppia voce che per lo spastico riff di chitarra, che si frattura però in un ritornello più dissonante e sconnesso. I.D. ha una struttura disarticolata e barcollante dove si accennano scale armoniche in maniera sconclusionata, e che lontanamente può ridare ai Sonic Youth. Swallow risalta l’incredibile capacità melodrammatica della Ham, accompagnate da intensi e ossessivi accordi e barcollanti ritmi, mentre un'atmosfera desertica avvolge Big Wing, altro esempio di come l’intensità emotiva può avere la meglio su tecnica, tempo, grammatica musicale. Hotel è uno dei vertici del disco, canzone che in modo più netto si rifà ad una certa dark-wave con linea di basso ben delineata e una parvenza di tempo vero e proprio in cui si può anche intravedere del blues scorticato. Anche se tutto il disco si basa su queste formule sopraccitate, non risulta mai ripetitivo o noioso (ci sono altre chicche, come Homebled, la loro Venus in Furs, o Mosquito Botticelli, altro vertice del disco) aggirandosi sempre tra territori ben conosciuti con una bellissima originalità.

Non mi sorprenderei se artisti anni novanta (Royal Trux, Pj Harvey) o dei giorni nostri (The Kills, Sudden Ensamble) ne fossero influenzati, l’accostamento è d’obbligo.
Grigio, fumoso, primitivo, indemoniato, essenziale. Questo è “In Gut’s House”, vertice assoluto della carriera del U.T.

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