Come m’hanno insegnato la mia personalissima Venerata Maestra e il mio personalissimo Venerato Maestro di DeBaser, quando vuoi giocare a fare il critico musicale non è che serve spendere troppe parole, basta mettere una crocetta su quello che ti senti di più tra un “mi piace / non mi piace” o un “è bello / non è bello”.

Così, volendo, si può saltare direttamente all'ultima riga.

Allora per iniziare in qualche modo, per me Valeria Giugno non è che è bella, è molto di più. E, dato che quelli che contano per davvero giurano che l’immagine è tutto, lei è già a un buonissimo punto: ci sta un video su YouTube di lei che canta e suona “Endless Tree”, vestitino rosso fuoco tanto semplice quanto sfizioso, collant viola e stivaletti argento sbrilluccicante, un praticello fiorito ad ornare i dreadlocks più belli e intricati di sempre, e chi non se ne innamora è perché non ne è capace. Cambiata tantissimo da quando la conobbi all’altezza di “Pushin’ Against A Stone”, era il 2013 e l’esplosione di gioia, ottimismo e colore di oggi era ancora lontana dall’essere innescata, per quello bisognerà aspettare il 2021 e un piccolo brano delizioso intitolato “Smile” dentro un album delizioso anch’esso.

Colours and patterns / You can see the real me”, citando al contrario un’altra che mi sta nel cuore. Comunque sia, per dirla con un altro mio personalissimo Venerato Maestro di DeBaser, anche una gran gnocca, ieri, oggi, sempre.

E pure con una bella testa pensante sotto quell’impressionante matassa di capelli: poetessa, illustratrice, mezza divulgatrice mezza conferenziera, e me la vedo pure filosofa a metà strada tra e San Paolo e Sant’Agostino da una parte e Georges Perec e Roland Barthes dall’altra, magari a sua insaputa e se così fosse mi parrebbe una storia pure più bella.

Insomma, la cosa ancora migliore è che dietro a una coloratissima cortina fumogena ci sta un piccolo universo tutto da esplorare e oggi faccio tappa a “Owls, Omens And Oracles”.

Un album che è come riannodare un filo: ieri dicevo un gran bene di “Smile” e oggi “Joy, Joy!” è ancora dichiarazione di una chiarezza lampante, la verve ballerina rimpiazzata da un poderoso tiro rhythm’n’blues sostenuto da fiati e archi che fanno faville, ci stanno le regine del soul, ci sta Carla Thomas e ci sta la Stax Music Academy a fare capolino, come pure in “Changed”; ieri era la cover di “Imagine”, oggi è una “Endless Tree” che si libera di tutta quella stucchevole e pomposa retorica – solo in minima parte attribuibile a Lennon – per ribadire che se vuoi vedere un mondo in cui tutti siano almeno liberi, va bene anche riuscire a immaginartelo, però se ti alzi dal divano e provi a combinare qualcosa è molto meglio; ieri c’era l’incantevole “Two Roads”, oggi una “Love And Let Go” finale da lucciconi; ieri era il duetto con Nora Jones, oggi è di nuovo il duetto con Nora Jones in una “Sweet Things Just For You” che pare una ninnananna per innamorati e nobilita un’idea di featuring altrimenti avvilente; e, sempre in tema di duetti, qualche giorno fa è stato quello con Sunny War in “Cry, Baby”, modernismo soul tratto dall’ottimo “Armageddon In A Summer Dress”, ora c’è questa “Superpower” che mischia in modo egregio soul e dub; e poi, oggi, come ieri, ci sta un bel po’ di tradizione tirata a lucido, dalla brass band ubriacona che accompagna Valeria a zonzo per i vicoli di New Orleans mentre intona “Love Me Any Ole Way” fino alla smagliante Carole King piano e voce che aleggia in “Trust The Path” e “I Am In Love”.

E, se non si fosse capito, a me questo album mi piace, è bello, e tutte le righe che stanno tra la prima e l’ultima potrebbero anche non starci.

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