Parlare di un album come “Wow” è qualcosa di difficile. Preannunciato già un anno fa, l'album sembra aver attraversato dei travagli infiniti prima di venire alla luce: figli che nascono, hard disk rotti e sicuramente tanto altro che non ci è stato raccontato. E poi i progetti paralleli dei fratelli Ferrari con i “Betoschi”, la collaborazione con l'eclittica Jennifer Jentle, l'elttro-pop dei MGMT.
Che dietro “Wow” ci sia tanto lavoro, tante ore passate nelle prealpi bergmasche, chiusi nel loro Henhouse Studio, risultata evidente fin dal primo sguardo; un album doppio, possente e spesso. 27 tracce a cui i Verdena sono arrivati dopo un processo di scrematura e decurtazione, giusto per rendere l'idea di quanto prolifico è stato Alberto negli ultimi tempi.
“Razzi arpia inferno e fiamme” è il singolo che ha aperto le danze del lancio dell'album e dalle primissime note si ha la percezione di essere veramente di fronte ad un'elaborazione nuova dello stile della band. Sonorità dal sapore Beatles, melodiose e piane. I suoni graffiati e distorti che percorrevano i precedenti lavori, si fanno presenti sempre meno. In questo pezzo, come in molti altri, sono stati introdotti i cori sulle parti vocali, un inedito rispetto agli altri album. Inoltre gran parte della composizione è data dal pianoforte, strumento così rilevante per “Wow” che vede presente nel tour un quarto membro, il tastierista Omid Jazi. Un excursus tra le tracce potrebbe sembrare limitante e non restituirebbe appieno l'organicità dell'insieme. Di certo “Wow” è qualcosa di mastodontico ma non per questo appesantito. Le tracce scorrono fluide in successione senza cornici date da introduzioni e conclusioni trascinati e ripetuti. Gli attacchi sono istantanei, le media delle track si assesta sui tre minuti, un soffio se si pensa che il precedente “Requiem” conteneva pezzi di undici e dodici minuti. E forse non è un caso che alcuni dei pezzi più brevi (“Lui gareggia”, “Sul ciglio”) siano quelli dai suoni più primordiali, da “Demo Tape”, un cammeo nostalgico al primo grunge sporco e quasi stonato.
Un album di citazioni e tributi; “Mi coltivo” richiama in modo troppo esplicito i King Crimson, i cori di “Razzi arpia inferno” sono dichiaratamente influenzati dalle sonorità dei Beach Boys, un italianissimo Battisti trova il suo posto in “E' solo lunedì”. Da segnalare anche l'omaggio fatto ai MGMT, di cui i Verdena sono stati gruppo spalla con “Requiem”, contenuto in “Miglioramento”. La scrittura si addolcisce notevolmente, i testi sono votati a parlare di perdita e distacco. Accade così che la frase “clorofilla sui miei guai” diventi già un classic della loro discografia, interpretabile ed efficace come il testo di “Valvonauta”. L'album comunica un senso di tranquillità quasi come se i tre che abbiamo imparato a conoscere come schivi, imbronciati e spaesati dalla loro stessa bravura, abbiano trovato la loro dimensione, il loro angolo di serenità. La spensieratezza deriva ora dal puro gesto del suonare e dallo sperimentare. I tappeti sonori, costruiti dai giochi del pianoforte e del synth, conferiscono ai pezzi la giusta carica emozionale, accompagnano la voce di Alberto in modo nuovo permettendo realmente un ascolto originale del gruppo, non ascrivibile in tutto e per tutto al loro passato (e a quello che da questo ci si aspetta).
“Wow” è un disco audace e coraggioso, per certi anti-fan, ma reso così affascinante da questa ritrosia.
Elenco tracce e video
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Altre recensioni
Di Giò.Amoroso
Un disco destinato a diventare una pietra miliare del rock made in Italy.
WOW rappresenta un nuovo inizio in grande stile.
Di Darkeve
Non sono canzoni, sono demoni. Follie. La voglia di esplodere fuori dall'inferno, o dal paradiso, i propri mostri.
Un disco(doppio) che va scoperto, disossato, divorato e digerito. Un mondo, da affrontare come se vi venissimo catapultati dentro per la prima volta.
Di marypolly
"Il disco c'è, ed è realmente bellissimo, ma è nascosto. Dovete solo divertirvi a trovarlo."
"Un doppio album è -francamente- un po' troppo poco digeribile, nonostante il mare di opinioni positive."
Di zaireeka
Mi sembra di avere tra le mani un’opera estremamente colta, originale nell’assimilazione di tutti i suoi riferimenti, mai banale, intricata, e nel contempo godibile.
Che dire, potere salvifico della musica.
Di giulieo
Una miscela, piuttosto spuria ed eterogenea, tra l'attitudine pop, della facile inventività melodica, e quella rock, della perversa ossessività.
Il disco si chiude con un'apertura: 'Lei Disse (Un Mondo del Tutto Differente)', sa emozionare, forse più di tante cose scritte e strade tentate dalla band.