ZONA THRASH : EPISODIO III

I Violent Playground sono una delle svariate band metal "thrash" che andò a finire nel dimenticatoio senza aver avuto mai delle serie possibilità; il fatto è che questi ultimi meritavano parecchio di più dei loro colleghi. Essi furono in grado nel 1988 di creare una quanto più inimitabile commistione tra thrash metal, hard rock e soprattutto (blues?!), che però (inutile dirlo) non gli aprì affatto le porte per la fama.

Questi cinque ragazzi infatti (di cui i nomi veri non sono rintracciabili on line, ma conosciuti solo per i nomi d'arte), vissero la loro esperienza musicale esclusivamente tra le file dell'underground, per un tempo relativamente breve (tre anni circa), senza la possibilità di emergere minimamente (almeno elevarsi alla popolarità di gruppi come Tankard, Razor e cosi via); per questa serie di fatti il gruppo è uno dei più ignorati all'interno del suo ambiente, (chi conosce formazione come i Legion dalla Spagna, i Taurus dal Brasile, gli americani Znowhite, i Girlschool dell'NWOBHM capisce cosa intendo). E questo loro Thrashin Blues è più un pezzo da collezzionista che materiale da metallaro. L'unico filo conduttore che hanno i Playground con il mondo fuori dall' underground è la copertina del disco: creata dal famoso Ed Repka, lo stesso che disegnò per Megadeth, Municipal Waste, Venom, Toxik, Vio-lence e altri.

Non a caso va detto che meritavano di più di molti altri complessi del tempo: la loro unica pubblicazione è un autentico capolavoro. Francamente, non trovo una sola derivazione eccessiva, una sola nota plagiata; quasi non si sentono nemmeno le influenze dai soliti epigoni del genere, ma il suono è tipicamente thrash, accompagnato da contaminazioni che vanno dal blues al rock classico, fino all' hard rock, e persino effetti sonori (orgasmi in Doctor Feelfine, vocalizzi in Mr. Dandy), spezzoni tratti da film per adulti e negli ultimi minuti di 21 st Century Bluesman riecheggiano le note di Boogie Chilloun di John Lee Hooker. La produzione non è nemmeno troppo sporca per un disco del genere, fatto di riffoni trascinanti e assoli che non si sentivano dai tempi di Kill' Em Mall. L'originalità del prodotto si evince gia dai primi, spettacolari secondi della title-track, un vero e proprio elogio alla musica blues. Le linee di basso impastato in I Hate My Boss e in  Play to Kill sono formidabili; roba da togliersi il cappello. Testi che parlano di bassi ceti sociali e metal, cantati da (Manny, acuto ma totalmente diverso da altri colleghi quali Araya, Sanders, Sabin) e i ritmi forsennati di Bobby Sheenan (batteria), le trame chitarristiche (veloci è divertenti) valgono tutto il prezzo del disco.

Incapaci di ripetersi e provati dal duro insuccesso dell'album, i Playground si sciolsero poco dopo, e insieme a loro, anche quella sorta di miscela esplosiva di "blues fusion".

 

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