Ci troviamo di fronte ad un altro spiacevole caso di un talento che, per poter emergere, è costretto ad uscire dai confini italiani. Nati nel 2000, i V.V. realizzano 2 ep promozionali (Dominique Paints Only In China, Funeral For a Cloud) grazie ai quali ottengono numerosi consensi durante le esibizioni nei maggiori locali londinesi. Dopo sette anni di gavetta il loro lavoro viene finalmente finalizzato dall'uscita del primo album ufficiale, The Art Of Arranging Flowers.
Il disco mostra una struttura lineare, coinvolgente, da un groove caratteristico che riesce ad incastonare tra loro elementi di new wave, punk, alternative e dark come fossero i frammenti di un mosaico. La track list scorre con estrema semplicità e con il giusto equilibrio tra brani accattivanti (Angel Grave, Virgin, Elise and the bad moon) e quelli più riflessivi (Verlaine, The Art Of Arranging Flowers), che si succedono in modo da destabilizzare le impressioni dell'ascoltatore costretto in un vortice di ansie e carezze. Il sound cattura l'attenzione grazie ad una voce squillante, leggermente nasale, ma caratteristica, accompagnata da un costante arpeggio di chitarra che sfocia in frames ripetitivi, a tratti minimalisti, e ritmiche distorte puramente punk. La sezione ritmica ci regala una batteria curata ed efficace che crea dei pregevoli intarsi con un basso presente e geometrico. Nel complesso è un lavoro pari ad una fattura artigianale capace di trasportarci verso ambientazioni oscure ma serene, è il ritratto di un paese deserto e silenzioso che spesso viene colpito da tempeste di fulmini e vibrazioni ben articolate. Chi sceglie di visitare questo posto conoscerà il linguaggio dei fiori.
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