Provo profonda ammirazione e timoroso rispetto per quello che, grossolanamente, è passato alla storia come krautrock.

Al suo interno orbitarono pianeti enormi e satelliti sfuggenti, ognuno di essi indipendente dagli altri ma parte organica e fondamentale di un progetto musicale coerente e con finalità spesso travalicanti il semplice ambito musicale. Forse la definizione di "Kosmische Musik" rimane la più pertinente, nell'evidenziare le istanze trascendenti e ultraterrene dietro a molta della musica prodotta in quel breve lasso di tempo in Germania.

"Tarot" di Walter Wegmüller ne è un esempio lampante, sia per la straniante musica in esso contenuta, che nell'essere un mastodontico concept sui 22 arcani maggiori. Walter Wegmüller, in verità svizzero, passò molto tempo tra Francia meridionale, Svizzera e Germania a raccogliere racconti e tradizioni degli zingari europei, vuoi per indole raminga, vuoi per genealogia familiare. Il risultato fu, da prima, un libro scritto insieme al suo compagno di viaggio Sergius Golowin (altra figura atipica nella scena elvetico-tedesca del tempo) proprio sui Tarocchi e le loro origini cosmiche, e di seguito questo doppio album.

R.U. Kaiser produsse e pubblicò l'opera sotto l'egida della sua etichetta 'Ohr Music', reclutando il meglio della scena tedesca: da Klaus Schulze ai sintetizzatori a Manuel Gottsching degli Ashra Tempel alle chitarre, fino al guru etno folk Walter Westrupp. Il risultato rimane tuttora sconvolgente, a più di trent'anni dall'uscita.
Difficile, se non superfluo, descrivere tale ribollente calderone musicale, zeppo di ingredienti a volte disomogenei: tastiere spaziali a braccetto con i recitati ieratici di Wegmüller (che altro non fa per tutta la durata dell'album), wah wah e batterie elettroniche, soavi ballate all'aroma di bosco interrotte da gorgoglii cosmici, cabaret e congas e altro ancora.

Tutta questa varietà di stili, se da un lato rende più arduo l'ascolto e l'assimilazione dell'opera, dall'altro palesa il Piano generale nella mente di Wegmüller, ossia la creazione di una musica al contempo immanente e trascendente, ctonia e ultraterrena, transeunte e sempiterna. Un po' come i tarocchi stessi, regolanti simbolicamente la nostra vita terrena in quanto emanazioni dirette del cosmo da cui proveniamo. Un tentativo, di per sé mostruosamente presuntuoso, ma importante come tale, di rendere in musica il lungo viaggio della vita stessa.

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