Tappar buchi è un duro lavoro. Di solito ci perdo del tempo in un solo ambito della vita, e con un certo affanno pure, pur mettendoci tutto me stesso (…), per il resto posso dire che non è proprio il mio mestiere. Quando faccio il gadan evito. E poi un tappo adatto a questo buco è forse nelle possibilità del solo P.P. Farina. Lascio a lui se ne avrà voglia il compito di essere esaustivo.

A ‘Why Can’t We Be Friends?’ i War ci arrivano nel 75 dopo due album e qualche tour estenuante, realizzati alle spalle di Eric Burdon, e dopo altri quattro album usciti per la United Artists dopo che Burdon aveva fatto ciao ciao. Sto buttando dentro un po’ alla cazzo informazioni sparse pescate sul web. Lungo la strada pare siano riusciti ad assaporare un po’ di successo e dindi. Nel 75 i War avevano ormai la forma di un bel frullato di colori, sia livello visivo, sia e soprattutto a livello sonoro. Sette musicisti: basso, chitarra, tastiere, fiati e un bel arsenale di percussioni. La loro ricetta: base funk-rock su cui si innestano contaminazioni di musica latina, reggae ed anche un po’ di jazz. L’andamento moderato della prima parte del disco è niente affatto dovuta alla presenza di poca carne al fuoco, anzi. Gli sviluppi melodici di voce e fiati ed il ritmo, lento si, ma risultato di percussioni vagamente spagnoleggianti e sotto una linea di basso che si divincola come un’anguilla, rendono gustosissima la opener ‘Don't Let No One Get You Down’. Sbaglierò ma ogni tanto nell’ascolto del pezzo avverto sentori di Love, o meglio, riflettendoci sopra azzarderei a ricondurre queste mie impressioni ad una sorta di sviluppo alternativo di alcune idee messe sul piatto in 'Alone Again'. Il bassista, B. B. Dickerson, mi pare a suo agio sia su ritmi lenti che con un bel po’ di movimento, sempre efficace e divertente. Il funk presente nel sound è, come è giusto che sia, in gran parte merito suo. Wiki cita qualcuno che gli rende merito per i suoi smoking grooves. Ora, nella mia ignoranza non so cosa sia uno smoking groove, ma se a quiesto modo vengono definite linee come quella del pezzo ‘Low Rider’ su questo disco, o ‘Gypsy Man’ sul disco precedente, beh direi che lo smoking groove è una gran bella roba. ‘Low Rider’ credo sia uno dei loro pezzi più famosi, assieme al funk-reggae della title track, resa celebre anche per la cover fatta dai quei cazzari degli Smash Mouth. La mia preferenza cade invece su ‘Leroy's Latin Lament’, pezzo diviso in quattro momenti. Introduzione al piano che porta ad una lento piano – voce - basso e poco altro. Poi il ritmo accellera con ‘La Fiesta’, una sorta di mambo (credo sia un mambo, ma non ne sono così sicuro perché so di essere molto molto ignorante), comunque un ritmo latino, e poi rallenta nuovamente per dar spazio ad una fantastica melodia di … clarinetto? Credo sia clarinetto, non ne sono così sicuro perché so di essere molto molto ignorante, e poi ho sentito una cover dove la parte veniva fatta con la chitarra, ma nel disco mi pare (MI PARE) sia clarinetto.

Si tratta di roba un po’ vecchiotta ma sono contento di averci messo i timpani sopra anche se in dannato ritardo. Cerea fanciot.

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