Dopo lo sperimentalismo acceso di "Yankee Hotel Foxtrot", le meravigliose oasi di rumore di "Kicking Television" e l'ottimo "A Ghost Is Born", i Wilco si misurano nuovamente con la tradizione, non in un'imitazione sterile, ma combinando stili diversi, misurandosi minuziosamente con ogni brano, evitando un inutile sfoggio di preziosismi: canzoni asciutte, lievi e maniacalmente lineari, a volte quasi schematiche.
La chitarra di Nels Cline offre un apporto significativo all'album, il suono sottile penetra nelle melodie senza alterarle, fluttua in modo convinto, a volte con spunti tipicamente jazz, a volte ricalcando timidamente lo stile di Jerry Garcia. La voce sulfurea di Jeff Tweedy ha assunto un timbro meno screziato e ha perso la svogliatezza degli esordi. Il pop colto di "Summerteeth" ha lasciato spazio ad un lirismo più consapevole, meno immediato e spontaneo. Con "Sky Blue Sky" la band di Chicago sembra aver conseguito una notevole serenità espressiva, le ansie e le conflittualità, artisticamente prolifiche, che avevano condizionato i lavori precedenti, sono pressochè scomparse. Quando l'ho ascoltato per la prima volta ero in viaggio. Era sera, il sole tramontava senza trovare riflessi nell'asfalto grigio, la luce dei lampioni autostradali era ancora timida, eppure mi sembrava che nel paesaggio statico, fuori dal finestrino, si fossero aperti degli scorci, che l'auto si indirizzasse improvvisamente verso destinazioni ignote e che la musica fosse complice di quell'illusoria palpitazione che ci accompagna nella fuga. Le luci dei lampioni avevano smesso di lampeggiare, il bagliore era più vivido e intenso. Riascoltandolo qualche giorno dopo, notai che che non mi procurava più quel senso di estatica malinconia, ma rievocava piacevolmente in me il ricordo di quella serata, di quella grottesca, immaginifica e presunta evasione.
L'album si apre con "Either Way": soltanto un delicato arpeggio di chitarra, una lieve trama di Hammond e la voce contenuta di Tweedy, in una melodia scarna ed essenziale. "You Are In My Face" è un brano folk in cui il ritmo aumenta sensibilmente, le chitarre raggiungono sonorità più rock e il timbro vocale del leader in alcuni tratti ricorda quello del primo Rod Stewart. "Impossible Germany" è intrigante e suadente: un testo di difficile interpretazione, un fluire tenue e lamentoso, attraverso il quale filtrano le tonalità acute dell'impeccabile chitarra di Cline. Segue il pezzo che dà il titolo all'all'album in cui domina, ancora una volta, il gusto jazz e minimale della chitarra di Cline. "Side With Seeds" si sviluppa in un progressivo crescendo che culmina e si conclude in un ottimo assolo. "Shake it Off" ha un tono altalenante, a volte anche stucchevole e ripetitivo e si concretizza nella ricerca di un ritmo cadenzato e ipnotico. "Please Be Patient With Me" è una canzone meravigliosa, un gioiello in cui le chitarre si intrecciano soffusamente, un sussurro velato da una sottile vena malinconica. "Hate It Here" pare un pezzo dei "Faces", sia per il timbro della voce acuto e teso, sia per lo stile peculiarmente rock. "Leave me (like you found me)" è una ballata soffice, intimista, in cui il piano e la voce convergono mirabilmente. Un tema squillante di piano apre "Walken", in cui la chitarra slide di Cline rievoca il blues pulsante degli "Almann Brothers". In "What Light" la voce aumenta d'intensità per poi farsi tremante e volutamente incerta sul finale. "On And On And On" è meravigliosamente onirica, notturna e sofferta, il basso pulsa e il piano ripete ossessivamente la medesima melodia.
"Sky Blue Sky" è un album meno eccentrico, meno tormentato, manca quella freddezza sconfortante, mancano l'inquietudine, quel senso di smarrimento, di provvisorietà. E' un album misurato, curato in ogni minimo dettaglio, a volte quasi irritante nel suo minimalismo. Eppure è bellissimo. A volte è difficile trovare delle motivazioni nei toni smorzati che dissimulano l'ordine prestabilito. Ogni canzone mima le nostre fughe, asseconda il nostro bisogno di evasione, ci aiuta a mantenere quell'equilibrio fragile entro il quale spesso siamo costretti a rifugiarci, è un conforto tanto istantaneo quanto evanescente. Ma l'evanescenza è meglio delle monotone quotidiane certezze: non ci sono criteri che ci permettano di distinguere la conoscenza reale da quella di un sogno.
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Altre recensioni
Di Socrates
Non bisogna essere un acuto psicologo per capire che qualcosa d'importante è accaduto al songwriter Tweedy.
"Sky Blue Sky" spiazzerà alcuni estimatori ma è l'album più convincente di una già fulgida carriera.