Se c'è una band che negli ultimi anni ha saputo meglio incarnare lo spirito libero della scena californiana di fine '60, questi sono I Woods di Jarvis Taveniere.

E pensare che partirono quasi 10 anni fa come progetto indie folk lo-fi, per poi a poco a poco irrobustire le chitarre, e soprattutto aprire il terzo occhio verso un'immaginario assolato e introspettivo, che porta alla mente le chitarre calde e acide di Quicksilver, Grateful Dead, Crazy Horse ma anche dei Love, e di altre band meno conosciute della California dei tempi (per ecletticità a volte vengono in mente i fantastici Kaleidoscope). Senza dimenticarsi due cose importanti: incidono almeno un disco dalla qualità sempre eccelsa ogni anno e mezzo, e vengono dalla fredda New York, quindi il sole della california lo vedono come i reclusi di Alcatraz.

Questo ultimo “City Sun etc” si apre con un ennesimo piccolo capolavoro del loro repertorio: “Sun City Creeps” è l'incontro perfetto fra le trombe mariachi, le chitarre fuzz, Neil Young e il jazz etiope, il tutto frullato in meno di 6 minuti. Già da ora fra I miei pezzi dell'anno.

Si continua con brani più standard, dove si respira aria di grandi spazi (la cosiddetta “Americana”), a cavallo di slide guitars (“Morning Light”), o mid tempo dai cori spensierati (“Creature Comfort”), che un po' spengono la sensazione del disco perfetto dopo la grandezza del primo brano. Ma fortunatamente già da “Can't See At All” il livello si rialza, grazie all'acidità sommessa di “The Other Side” e di “I See In The Dark” e quella manifesta, a base di folk, fiati e piano di The Take”.

Ma la cosa che più stupisce dei Woods, oltre a tutto quello scritto sopra, è la loro immediata fruibilità. Dopo tre ascolti, i brani si stampano in testa senza più lasciarci, anzi crescendo col tempo. Dote rara di questi tempi per chi usa ancora gli strumenti tradizionali del rock.

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