Avvertenza: prima di leggere questa recensione sono necessarie queste due premesse:
1) Lo ammetto: nella mia vita non ho mai capito che idea farmi di quest'uomo se devo essere sincero. Se prima lo credevo defunto definitivamente dopo "SpiritoDiVino", in questi ultimi mesi mi sono parzialmente ricreduto.
2) Almeno qui evitiamo di tirare fuori solo ed esclusivamente le solite storie del tipo "Zucchero ha fatto solo plagi", "il più grande plagiatore di sempre" (beh...guardate Nek, Giusy Ferreri e Tiziano Ferro...) e concentriamoci solo su questo cd.

Fine delle premesse.

In Italia è fin troppo facile decidere di tentare un esperimento diverso dai classici canoni a cui cantanti e gruppi hanno abituato i loro ammiratori. L'hanno fatto tutti, in questo mondo, più o meno. L'ha fatto anche Zucchero.

Ma è molto meno facile riuscire a fare un disco sperimentale e nello stesso tempo farlo di qualità.
E non fa eccezione "Bluesugar", uscito due anni dopo il suo greatest hits targato 1996 e composto con il supporto del poeta Pasquale Panella. L'album è caratterizzato, grazie agli arrangiamenti del fido (non per molto...) Corrado Rustici, da sonorità maggiormente rockeggianti, che sostuiscono il soul dei vecchi lavori del rozzo contadino emiliano.

Il lavoro, seppur visto da qualcuno come il suo capolavoro, è, ad un attento ascolto, non completamente riuscito.

Se la lettera in forma canzone "Eccetera Eccetera" ("Ti penso, eccetera eccetera, e mi spero in te / La cartolina nell'anima, che è mancata a noi") e la dedica allo storico leader dei Nomadi Augusto Daolio (con tanto di campionamento della sua versione di "Canzone Della Bambina Portoghese" di Francesco Guccini) di "Arcord" sono sicuramente i due momenti migliori dell'album, seguite da "Back 2 U" e dall'elettronica (!) di "(Temporaneamente) X Sempre Tuo", con "Donkey Tonkey", "Puro Amore" e "Karma, Stai Calma" avviene il tonfo.
La prima è dotata di un ritornello capace di dare i nervi al solo primo ascolto ("Do the donkey, donkey tonkey"), a tal punto da premere Skip indignati per evitare di tentare a dare una scalciata al lettore come un asino ("donkey"), la seconda è un rockettino da 2 lire di serie Z, mentre la terza sembra un inconcludente latrato di un cane incapace di respirare ("facciamo il becco all'oca"...bah), e purtroppo non riesce a cavarsela meglio la seconda voce di tale brano, ovvero Irene Fornaciari, figlia di Zucchero.

Degne di considerazione sono invece "I Tempi Cambieranno" (la sua "Times They Are A-Changin'"? Non me ne voglia sua maestà Dylan, eh...), "Blu" (chi non ricorda "Sere d'estate, dimenticate..."?), che nonostante citi nel refrain "Era Lei" del vecchio amico Michele Pecora, è un pezzo godibilissimo, "You Make Me Feel Loved", non un capolavoro, ma un buon omaggio alla sua terra, e la fine di una relazione, espressa in "Dopo Di Noi".

Riallacciandosi a quanto sostenuto sopra, tutto sommato "Bluesugar" non è un album da buttare del tutto, nonostante alcuni pessimi e vomitevoli riempitivi, e merita di essere ascoltato.

Con la chiusura di questa parentesi, il peggio arriverà dopo, con l'ancora più brutto "Shake" e la paraculata "Zu & Co.", veri e propri cedimenti al dio denaro quasi totalmente assenti di qualità, salvo il colpo di coda (?) di "Fly", disco quasi interamente bello e per ora l'ultimo degno di essere ascoltato di Zucchero.

Ma forse già ad alcuni era chiaro che Adelmo Fornaciari è (sempre stato?) un punto interrogativo fattosi persona.

Caricatura? Buffone? Artigiano? Personaggio coraggioso? Mah, fate voi. Per me è quanto ho espresso sopra.

Vai con gli insulti.

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