Non mi piacciono tanto quei dischi che sfoggiano copertine con quadri famosi, ma in questo caso è stata una bella scelta. Il bellissimo ritratto del danzatore Alesander Sacharoff dipinto dall'espressionista russo Alexej Von Jawlensky già da un assaggio del contenuto del cd: viene da immaginarsi una musica folle, convulsa, frenetica, a volte violenta, malata, incoerente…

E se non proprio espressionisti suonano questi Acoustic Ladyland, sicuramente suonano geniali! Un cocktail musicale che non ha proprio nulla di banale o scontato. Spunti fantasiosi, supportati da una notevolissima intelligenza compositiva ed una tecnica eccellente, si susseguono secondo dopo secondo creando un sound vibrante ed anfetaminico.

Sono in quattro e non c'è neppure la chitarra: basso, batteria, sax e tastiere. Il carisma è granitico e rissoso, le influenze tante e ben miscelate: i Talking Heads più nevrotici, i Fantomas più cinematici, certi passaggi malinconici alla Morphine, i Battles più aggressivi, i King Crimson più schizzati ed un tocco di non-sense alla Soft Machine.

Gli Acoustic Ladyland, a dispetto del nome fuorviante, sono una vera e propria, ecletticissima macchina da battaglia. Sin dall'inizio sorprendono: Road Of Bones parte delicata ed emozionate, ma ben presto scoppia satura, ritorna soffice e jazzata per esplodere nuovamente ed alzarsi in volo grazie a quel saxofono che piange ed urla allo stesso tempo. New Me è aggressiva nel fondere doom, math ed un pizzico di funk; mentre Red Sky pare i Fugazi più tersi che lasciano cantare un sax, ma non è un sax è Prometeo che urla la sua rabbia al cielo. Paris è pura paranoia metropolitana, declina alla perfezione wave e jazz, noise e funk. Mai un calo fra le tracce, un bel misto di frenesia e pesantezza senza per questo perdere l'emozione. Ed è ancor più sorprendente quando, tra tutto questo furore a tratti epilettico a tratti torbido, salta fuori Cut & Lies: un brano punk-funk spigoloso e decadente arricchito dalla presenza vocale Coco Eletrik in veste di beffarda femme fatale, surreale nel contesto ma irresistibile e divertentissimo. E sfoggia pure un bel appeal radiofonico anche Glass Agenda, sorta di robotica danza indie-jazz. E fino alla fine il disco è pregiato ed affascinante, strapieno di creatività.

Cosa rimane da dire ormai? Nulla, tranne che sarebbe una bella cazzata perdersi questo "sorriso pelle e ossa" in cui maturità ed irruenza viaggiano equilibrate e felici. Suvvia affrettatevi, poche cose meritano ‘sì tanto ardore. 

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