Nella Germania di fine anni ’60 i fermenti della protesta sociale giovanile erano molto radicati. Fiorivano le comuni politicizzate all’insegna di uno stile di vita libertario e dell’uso delle droghe viste come metodo per espandere la coscienza. Tutto questo era importato da quanto stava succedendeo in America con le comunità hippie e con gruppi come Jefferson Airplane e Grateful Dead che incarnavano lo spirito dell’epoca. Da questo punto di vista la Germania si confermava periferia dell’Impero, conseguenza diretta della sconfitta nella seconda guerra mondiale. Sembrava quindi che la volontà di ribellione fosse una pallida copia di quanto avveniva negli Stati Uniti: per certi versi era così (come d’altra parte in Italia) ma i giovani tedeschi volevano fortemente costruire qualcosa di nuovo e, per far questo, recuperarono le loro radici culturali. La comune politica e musicale degli Amon Düül di Monaco di Baviera era una delle più importanti: viene citata persino da Bernward Vesper nell’interessante libro “Il viaggio”, sorta di testo fondamentale per capire lo “zeitgeist” del periodo. Vesper era il compagno di Gudrun Ennslin, poi tristemente famosa per essere stata una delle terroriste più feroci della banda Baader-Meinhof. Gli Amon Düül poi, come è noto, si scissero in 2 tronconi di cui gli Amon Düül II hanno rappresentato sicuramente la parte migliore dal punto di vista musicale. Il primo album “Phallus Dei”(1969) è un folle diamante grezzo che risplende ancora oggi di una carica devastante e demoniaca: la copertina ricorda i racconti di Edgar Allan Poe e c’è in effetti un’atmosfera gotica e oscura. La musica unisce psichedelia e avanguardia, caratteristica questa di tutto il Krautrock, una scena che si rivelerà originale e lontana stilisticamente dal contemporaneo progressive sinfonico. Il nucleo del gruppo si riuniva attorno al multistrumentista Chris Karrer, al chitarrista John Weinzierl, all’organista Falk Rogner e al batterista Peter Leopold.

Il successivo “Yeti” ( 1970) farà ancora meglio di “Phallus Dei”: “Yeti” è un monumento alla creativita più sfrenata, una musica fuori dagli schemi in cui gli Amon Düül II celebrano una messa pagana in onore degli antichi Dei Germani. Se Wagner avesse suonato musica rock il risultato sarebbe stato un disco come “Yeti”. L’attacco delle chitarre di “Soap Shock Rock” è deciso, molto tedesco nella sua potenza. La sezione “Gulp A Sonata” è wagneriana e operistica, con il violino di Karrer protagonista. La seconda facciata si apre con “Archangel’s Thunderbird”, in cui il gruppo riversa tutta la sua energia e dove svetta la voce paraoperistica della grande Renate Knaup, un brano che è un piccolo classico. “Cerberus” è invece incredibile nel suo incedere tsigano, una celebrazione psichedelica del folk balcanico. “The Return Of Rubezhal” è orientaleggiante e immensa nella sua ricerca di qualche monastero sperduto in Tibet ed è seguita dal rituale panico di “Eye Shaking King”. “Pale Gallery” chiude il primo LP in maniera pacata ma minacciosa e inquietante.

La terza facciata è costituita dalla lunga improvvisazione di “Yeti (improvisation)”. Siamo nel regno della musica psichedelica, diretta discendente di “Interstellar Drive” dei Pink Floyd di Syd Barrett di cui viene estremizzata la lezione: l’organo di Falk Rogner costruisce tappeti sonori liquidi su cui svettano la chitarra lancinante di Weinzierl, il basso pulsante di Dave Anderson e la batteria frenetica di Peter Leopold in quello che è un vero e propro rituale celebrato all’interno della Foresta Nera. “Yeti Talks To Yogi (improvisation)” prosegue nel solco di “Yeti”: anche qui vengono in mente i Pink Floyd: non bisogna dimenticare l’importanza di un disco come “Ummagumma”, molto influente per la scena Krautrock. Chiude la quieta “Sandoz In The Rain”, un folk Cosmico che celebra i viaggi mistici indotti dalla droga e che è simile a “Paradies Warts Düül” degli Amon Düül.

Alla fine dell’ascolto si rimane scossi e tramortiti da tanta bellezza. “Yeti” è un capolavoro senza tempo che celebra gli Amon Düül II come uno dei migliori gruppi musicale europei del periodo.

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